Verona. La Rete Sociale per il Diritto alla Casa blocca due sfratti in Borgo Venezia

antisfratto marzo 2010

Questa mattina (mercoledì 24 marzo) un gruppo di attivisti delle Rete Sociale per il Diritto alla Casa hanno bloccato lo sfratto di una famiglia marocchina in via Pisano. Lo sfratto è stato rinviato al 18 maggio. Entro quella data la famiglia,composta da tre persone di cui una bambina di soli dieci mesi, dovrà trovare una soluzione alternativa. Cosa molto difficile dato che il marito ha perso il lavoro un anno fa e la madre guadagna 600 euro al mese lavorando per una cooperativa di pulizie. Il proprietario,oltre a chiedere 450 euro al mese per un appartamento di 50 metri quadri, prendeva 1200 all’anno per le spese condominiali. L’Agec, dopo più di un anno da quando è stata fatta la domanda per l’assegnazione di una casa popolare, non ha ancora dato una risposta. Leggi tutto “Verona. La Rete Sociale per il Diritto alla Casa blocca due sfratti in Borgo Venezia”

Castel D’Azzano (VR): verso il 1 marzo – Bloccato sfratto di una famiglia marocchina

rete sociale per il diritto alla casa

Questa mattina (martedì 16 febbraio 2010) un gruppo di attivisti della
Rete Sociale per il Diritto alla Casa ha bloccato lo sfratto della
famiglia di Khaled El Idrissi, marocchini che vivono a Castel D’Azzano,
in provincia di Verona.

Alle ore 9.30 l’Ufficiale Giudiziario,
accompagnato dalla Polizia Municipale, si è presentato nella casa di
via Bortolazzi 11, abitata da 6 persone di cui tre bambini piccoli di
uno, tre e dieci anni e una donna anziana.

Lo sfratto è stato
rinviato al 28 marzo, permettendo così alla famiglia di trasferirsi,
con il tempo necessario, in una nuova casa.

blocco sfrattoblocco sfrattoblocco sfrattoblocco sfratto

Verona: Verso il 1 Marzo – “Occupare non è reato, ma una necessità”

rete sociale per il diritto alla casa

“Il Tribunale di Verona, accogliendo l’orientamento della Cassazione, ha riconosciuto l’esistenza dello stato di necessità nei confronti di una famiglia di migranti che nel 2006 aveva occupato un appartamento di proprietà dell’ATER. L’appartamento occupato, insieme ad altri 5, da altre famiglie in emergenza abitativa, rientrava in un piano di vendita all’asta di parte del patrimonio abitativo regionale”.

La casa è un bene primario, come la vita o la salute. Perciò, in caso di necessità, anche l’occupazione è giustificata. Alcune sentenze della Corte di Cassazione confermano tale principio ed inseriscono il «diritto all’abitazione» tra i «beni primari collegati alla personalità», come previsto dall’articolo 2 della Costituzione. Per i giudici della Cassazione, il “diritto all’abitazione” merita di essere annoverato tra i diritti fondamentali della persona. Spiega la Seconda sezione penale di piazza Cavour: “Rientrano nel concetto di danno grave alla persona anche quelle situazioni che attentano alla sfera dei diritti fondamentali della persona e l’esigenza di un alloggio rientra fra i bisogni primari della persona”. Leggi tutto “Verona: Verso il 1 Marzo – “Occupare non è reato, ma una necessità””

Verona – Risolta una nuova emergenza abitativa

Come denunciato più volte nei
giorni scorsi, questa mattina Hamza e la moglie hanno dovuto lasciare
il loro appartamento a Poiano per l’esecuzione di uno sfratto per
finita locazione. La presenza degli attivisti della Rete Sociale per il
Diritto alla Casa ha reso possibile una mediazione grazie alla quale
non sono stati costretti alla degradante soluzione del dormitorio,
inattuabile anche per le gravi condizioni di salute di Hamza.

L’assessore ai Servizi Sociali Bertacco si è impegnato
a versare una parte dell’affitto per un appartamento trovato in
extremis dalla famiglia, garantito però solo per alcuni mesi. Una
mediazione soddisfacente ma che non risolve la difficile situazione di
Hamza e la moglie, quindi nel prossimo periodo continuerà la pressione
degli attivisti per ottenere una soluzione definitiva alla precarietà
abitativa della famiglia.

Nei prossimi giorni continueranno intanto i colloqui
tra le famiglie che avevano occupato la sede dell’AGEC, i
rappresentanti del Coordinamento Migranti e le autorità preposte a
garantire il diritto alla casa.

Rete Sociale per il Diritto alla Casa
Help-line: 3881737372

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sfratti

Azioni di resistenza agli sfratti, occupazione dell’AGEC e rassegna stampa ai seguenti link:
– Occupata la sede dell’AGEC
– Bloccato uno sfratto
– rassegna stampa 22 luglio 2008
– rassegna stampa 23 luglio 2008
– rassegna stampa 24 luglio 2008

Verona – Bloccato uno sfratto

Questa mattina nel quartiere delle Golosine era prevista l’esecuzione dello sfratto per finita locazione di una famiglia nigeriana, padre, madre e tre bambini. Gli attivisti della Rete Sociale per il Diritto alla Casa hanno allestito un presidio davanti all’abitazione aspettando l’arrivo dell’ufficiale giudiziario, della forza pubblica, richiesta dall’avvocato della proprietà dell’appartamento, arrivato anche con il fabbro per la sostituzione della serratura. Si è raggiunto un accordo per il quale lo sfratto è stato rinviato in attesa di una successiva decisione del giudice.
Per l’ennesima volta l’intervento degli attivisti ha evitato che una famiglia finisse sulla strada, dopo gli incontri tenutisi ieri tra l’assessore Bertacco e le famiglie che lunedì avevano occupato la sede dell’AGEC, che non hanno portato ad alcuna soluzione per i gravi casi di emergenza abitativa. Per l’ennesima volta denunciamo la totale mancanza di una seria politica sulla casa da parte delle istituzioni, evidenziata dalla pubblicazione dei bilanci dell’AGEC, riportata oggi dai quotidiani locali, che sottolinea come gli utili derivati dalla gestione del patrimonio immobiliare non vengono investiti in nuove abitazioni ma solamente per risanare i debiti (2,5 milioni di euro) della gestione delle farmacie e dei servizi cimiteriali. Non si è avuta intanto alcuna risposta riguardo lo sfratto che domani 24 luglio è previsto nel quartiere di Poiano ai danni di Hamza, albanese, disoccupato, gravemente cardiopatico, attualmente invalido a seguito di un incidente stradale e la moglie. Quindi assicuriamo la presenza degli attivisti e delle famiglie per impedirlo.
Rete Sociale per il Diritto alla Casa

Help-line: 3881737372

Leggi la rassegna stampa del 23 luglio 2008

Verona – Occupata la sede dell’AGEC

Nella mattinata di lunedì 21 luglio
sette famiglie di nuovi cittadini di Verona in emergenza abitativa,
accompagnate dagli attivisti della Rete Sociale per il Diritto alla
Casa (Collettivo Metropolis, Coordinamento Migranti) hanno occupato
l’atrio della sede dell’azienda veronese che gestisce il patrimonio
immobiliare pubblico. L’azione è nata dopo che per anni queste famiglie
si sono ripetutamente rivolte alle istituzioni (Servizi Sociali,
Comune, ATER, AGEC, prefettura) per ottenere una soluzione alla loro
precarietà abitativa, ricevendo solo promesse mai mantenute o risposte
negative, a causa del pesante clima di razzismo e discriminazione nei
confronti delle famiglie “non veronesi” riguardo al diritto alla casa e
alla cittadinanza. L’occupazione, nonostante l’indisponibilità al
dialogo da parte dell’AGEC (il cui presidente Venturini è un esponente
di Forza Italia, noto per l’arresto nei primi anni ’90 durante
Tangentopoli), grazie alla determinazione delle famiglie è finita
soltanto alle 21, quando l’assessore ai Servizi Sociali Stefano
Bertacco ha accettato di incontrare personalmente le famiglie a
cominciare dalla mattina di martedì 22 luglio. Siamo in attesa dei
risultati dei colloqui per programmare nuove iniziative qualora le
risposte non fossero soddisfacenti e i prossimi sfratti di mercoledì 23
e giovedì 24 vedranno la presenza degli attivisti per evitare che
famiglie anche con bambini piccoli finiscano sulla strada. Questo il
comunicato diffuso dagli occupanti:

VERONA E L’EMERGENZA ABITATIVA. Quale
sicurezza? Oggi alcune famiglie di nuovi cittadini veronesi hanno
deciso di dire BASTA!!!!!

BASTA agli sfratti senza una degna alternativa e senza dividere le famiglie!
BASTA alle chiacchere del comune che dice di impegnarsi per risolvere l’emergenza abitativa!
BASTA alle migliaia di euro che il comune sperpera inutilmente
attraverso i servizi sociali invece di garantire il diritto primario
della casa!
BASTA ai progetti farsa per reperire alloggi dai privati che non li vogliono concedere!
BASTA ai nuovi “carrozzoni” istituzionali creati dall’Amministrazione
Comunale che dice di “attribuire un ruolo fondamentale alle politiche
sociali e abitative, riconoscendo che la casa è un diritto primario dei
cittadini”, mentre continua a discriminare i nuovi cittadini con
politiche razziste!
BASTA alle delibere riconosciute discriminatorie anche dall’Unione Europea per l’accesso all’abitazione!
BASTA alla svendita del patrimonio pubblico ATER e AGEC!
BASTA ai 10.000 alloggi sfitti a Verona!
BASTA alle troppe case senza persone e alle troppe persone senza casa!
BASTA agli affitti da rapina!
BASTA alle immobiliari che non affittano ai migranti!
BASTA alla vera “illegalità” che è la mancanza dei più elementari diritti!
BASTA ai controlli sulla superficie abitativa che hanno come unico
obiettivo rendere difficile la permanenza dei nuovi lavoratori con le
loro famiglie!
BASTA alla delibera comunale che alza i parametri
abitativi e che, essendo l’idoneità alloggiativa requisito essenziale
dei ricongiungimenti familiari, rende precaria la vita!
BASTA alle situazioni di “degrado” in cui vivono le famiglie di nuovi cittadini che sono indotte da una politica criminale!

A questo punto chiediamo che:

* Comune e Prefettura intervengano con
un blocco-sospensione di tutti gli sfratti, per garantire agli
inquilini e alle loro famiglie il passaggio da casa a casa e non da
casa a strada.
* Di rendere operativi i progetti comunali sulla
casa, mai avviati, tramite l’obbligatorietà della cessione da parte dei
proprietari degli immobili sfitti ed una sub-locazione a chi si trova
in emergenza abitativa a canone sociale.
* Eventuale requisizione
di case, sia pubbliche che private, sfitte o in abbandono o comunque
non disponibili sul mercato per volontà dei proprietari, con
provvedimento del Sindaco e/o del Prefetto, sul presupposto della
gravissima emergenza abitativa.
* Il blocco delle vendite del patrimonio immobiliare pubblico, sia di competenza comunale,AGEC, sia regionale, ATER.
* La trasformazione delle caserme dismesse e sottoutilizzate in alloggi popolari.
* Apertura di progetti di autorecupero, delle abitazioni, pubbliche e
private, sfitte, abbandonate o in disuso, progetti da affidarsi alle
Cooperative autorganizzate dai precari/migranti che verranno
costituendosi.
* Il finanziamento, con oneri pubblici ma anche con interventi privati, dei progetti di autorecupero.

RETE SOCIALE PER IL DIRITTO ALLA CASA – Help Line: 388-1737372

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Verona – polizia sfratta violentemente famiglia

Repressioni impresse nella memoria

Questa mattina uno dei quartieri dell’estrema periferia veronese s’è svegliato con un violento sgombero da parte di celere in assetto da guerra pronta a picchiare chi si opponeva allo sgombero di una famiglia con due bambini.
Così è stato perché nessun accordo è avvenuto, perché i proprietari (già implicati nella vicenda del residence Embassy) non hanno pensato alla famiglia di Hassan, operaio che guadagna poco più di 1000 euro al mese per pagare un affitto mensile di quasi 600 euro.
Nessuno ha pensato ad Hassan e alla sua famiglia se non la Rete Sociale per il Diritto alla Casa che era presente e che ha cercato di rinviare l’ennesimo sfratto per morosità.
Questa volta però polizia e celere non si sono fermati alla contrattazione e hanno sfondato la porta dell’appartamento aggredendo selvaggiamente gli attivisti che erano all’interno con la famiglia, colpendo ripetutamente un attivista che presenziava allo sgombero per poi portarlo in questura (rilasciato solo nel pomeriggio). Un’aggressione vergognosa davanti a bambini impauriti e a giornalisti increduli di tanta violenza da parte delle forze dell’ordine.

Lo sgombero di oggi è la prova che le istituzioni, benché propongano tavoli di mediazione per affrontare l’emergenza abitativa, non hanno la minima intenzione e capacità politica di risolvere un fenomeno che sta assumendo proporzioni enormi a Verona e provincia.
Le violenze e lo sgombero di oggi non hanno fatto altro che aggravare l’emergenza abitativa in atto svelando l’inconsistenza delle promesse politiche comunali e istituzionali e il vero volto securitario del “tavolo per la sicurezza” che mette in pericolo di fatto l’incolumità e la sicurezza di uomini, donne e bambini che chiedono semplicemente di rispettare il diritto fondamentale dell’accesso alla casa.
Uno dei tanti episodi di repressione sociale determinato da mandanti politici razzisti e da istituzioni conniventi che non solo negano le libertà di sdraiarsi su una panchina o di mangiare un kebab per strada, ma attaccano i diritti fondamentali di esistenza quali il diritto alla casa.
Episodi di repressione impressi nella memoria per non dimenticare la violenza di oggi, per reagire e resistere alla barbarie dei tempi, da qui al 25 aprile e oltre.   

Rete Sociale per il Diritto alla Casa

Guarda i video:

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Verona. Occupati i servizi sociali

La rete sociale per il diritto alla casa intercetta l’ennesima emergenza abitativa e occupa con una famiglia nigeriana con tre bambini i servizi sociali del comune di Verona, dopo che la stessa era stata sgomberata da una casa famiglia in cui si trovava alloggiata. Dopo dieci ore di occupazione dei servizi sociali la situazione si è sbloccata solo a sera quando, dietro pressione degli attivisti, l’assessore del comune di Verona ha trovato un alloggio alla famiglia, evitando che la stessa finisse per strada. L’emergenza abitativa fa emergere un altro caso emblematico: una famiglia che perde la casa nel comune di San Giovanni Lupatoto alla porte di Verona, assessore e servizi sociali che dividono il nucleo famigliare dando alloggio temporaneo in una casa famiglia in un altro comune solo per mamma e tre bambini. Difficoltà di ottenere una casa comunale, la perdita del lavoro e problemi famigliari aggravano la situazione della famiglia che non trova alloggi alternativi mentre il padre è costretto a dormire in macchina. Fino a ieri quando i vigili del comune di San Giovanni Lupatoto intervengono e sgomberano la mamma con i tre bambini che trovano nella Rete Sociale una speranza che si concretizza la sera stessa trovando un alloggio temporaneo . La situazione tuttavia rimane ingarbugliata e tesa perchè di fatto chi ha trovato alloggio temporaneo alla famiglia non è il comune di San Giovanni ma quello di Verona e le politiche discriminatorie sulla casa dei due comuni non promettono nulla di buono…
Di seguito gli articoli dell’arena di questi giorni…

martedì 11 marzo 2008
SAN GIOVANNI LUPATOTO. Residente in paese, è stata «sfrattata» per il legale. Semplice sgombero di oggetti per il Comune, che afferma: «La stanza era già vuota»
Perde la casa e protesta a Verona

Joy Uzebu è nigeriana, ha 38 anni, da dieci anni vive e lavora in Italia, più precisamente a San Giovanni Lupatoto. Ha tre figli di sei, quattro e un anno mezzo. Ieri mattina dalla disperazione ha occupato la sala d’aspetto dei servizi sociali di Verona, in vicolo San Domenico. Poco prima i vigili di San Giovanni Lupatoto l’avevano mandata fuori, chiudendo definitivamente la porta anche di quell’abitazione provvisoria, dalla casa accoglienza Graziella, che si trova sempre in città, in vicoletto Corticella-Vetri, quartiere Veronetta. Da quel momento, e fino a sera inoltrata, l’assessorato ai servizi sociali scaligero con quello lupatotino si sono rimbalzati il problema da un ufficio all’altro. Solo poco prima di cena una notizia confortante, anche se destinata semplicemente a rimandare il problema: per la notte c’è una stanza alla Caritas, in via dell’Artigianato. Potranno starci mamma, papà e bambini. Con il nuovo giorno il palleggio ricomincerà.
Ma ora un passo indietro, alla concitata giornata di ieri. Per Stefano Bertacco, assessore al sociale di Verona, il caso seppure umano non è di sua competenza. Così sottolinea anche il suo dirigente Stefano Molon. A intervenire a sostegno della famiglia è la Rete sociale per il diritto alla casa. Roberto Malesani, legale del coordinamento migranti e referente della nuova associazione che si occupa di emergenza abitativa, non usa mezzi termini: «È stato messo in atto un abuso senza alcun titolo giudiziario».
«Alla signora era stata inviata una lettera-invito, affinché provvedesse a trovare un’altra sistemazione per sé e i sui tre figli», spiega, «l’averla buttata sulla strada è un abuso d’ufficio e una violenza privata. Reati che intendo denunciare». La vicenda inzia sei mesi fa, quando Uzebu viene sfrattata dalle forze dell’ordine di San Giovanni dalla sua casa di via XXV Aprile. «Sono stata truffata da un connazionale che aveva affittato l’appartamento due volte», dice in lacrime, «a breve ci sarà la causa in tribunale per questo. Sono rimasta senza un soldo. Non posso nemmeno inviare in Nigeria il necessario per fare seppellire mia madre: da due settimane la sua salma è in una cella frigorifera».
Suo marito, Oyo Osayamen, è disperato: da sei mesi vive in auto e talvolta viene ospitato da amici. «Ho perso il lavoro. A rischio c’è il mio permesso di soggiorno. Cerco di sopravvivere lavorando in nero», dice in perfetto italiano. La situazione appare drammatica. Fuori, nel cortile di accesso agli uffici, stazionano due pattuglie della polizia e sei vigili del Comune di Verona. Uzebu non si capacita di quanto le sta capitando. Non capisce il perché, visto che i suoi figli frequentano le scuole della città, nessuno voglia darle una mano. «Sono nati tutti e tre qui a Verona», racconta, «abbiamo aspettato per averli. Cercavamo un futuro migliore da offrirgli». Parole le sue che sembrano cadere nel vuoto.
Gli impiegati del centro sociale attraversano la sala d’attesa e come se niente fosse timbrano il cartellino d’uscita. Già perché Uzebu e i suoi tre bambini sono rimasti seduti lì dalle 10 del mattino. E alle 18 nessuno ha ancora accolto il loro grido d’aiuto. Malesani cerca di farsi intermediario. Arriva anche il consigliere comunale Graziano Perini. Si cerca l’aiuto del prefetto Italia Fortunati, che sollecita attraverso la Questura una rapida soluzione.
«Sì, sono stato contatto dalla Questura», dice Giorgio Facci, assessore per le politiche sociali di San Giovanni, che offre un’altra visione dei fatti. «Ho risposto chiaro che la signora può tornare dove era stata fino a questa mattina, (ndr, ieri per chi legge). Non utilizzava più la struttura del centro aiuto vita dall’8 di febbraio».


mercoledì 12 marzo 2008
SAN GIOVANNI LUPATOTO. L’assessore risponde alle accuse: «Nessuno sgombero forzato»
Famiglia senza casa. Due vie d’uscita


La vicenda di Joy Uzebu (che lunedì ha occupato con i suoi tre figli la sede dei servizi sociali di Verona, dopo che era stato liberato il locale a lei assegnato nel centro di accoglienza Casa Graziella, che non occupava più da oltre un mese) ha assorbito anche ieri Giorgio Facci, assessore ai servizi sociali e alla famiglia di San Giovanni Lupatoto, che per tutto il giorno ha cercato contatti con il legale della donna.
Riesaminata la situazione, la posizione del Comune però non si flette di un grado. Le soluzioni individuate dall’assessore Facci sono due: o la signora accetta di dare in affido i suoi tre figli oppure il Comune è disposto a pagare il suo viaggio di rientro in Nigeria.
«Non c’è stato alcuno sgombero forzato delle stanze assegnate alla signora Uzebu proprio perché la signora era domiciliata altrove già dal 6 febbraio e quindi da oltre un mese», precisa l’assessore Facci.
«Voglio sottolineare che noi non abbiamo gettato sulla strada nessuno, contrariamente a quanto si vuole fare credere».
«Per le situazione che si è comunque venuta a creare noi abbiamo individuato soltanto due possibili vie d’uscita», aggiunge Facci. «La prima è quella che già avevamo proposto alla signora, vale a dire l’affido dei suoi figli. La seconda è che la signora e la sua famiglia rientrino in Africa con viaggio a spese dell’amministrazione comunale». Una doppia alternativa che vede il comune sulle posizioni preannunciate.
Ieri l’assessore Facci aveva ricordato che i servizi sociali lupatotini stanno assistendo la famiglia dal 2006 con vari interventi e forme di assistenza.
«Le nostre assistenti sociali hanno tentato in tutti i modi di trovare una soluzione percorribile alla vicenda ma ogni proposta è stata rigettata», ha sottolineato l’assessore ricordando anche i trascorsi della famiglia con i servizi sociali di Verona.
Secondo quanto ha spiegato Facci dall’estate dello scorso anno era in atto un progetto di reinserimento attivato con il centro aiuto vita di Casa Graziella. Un progetto che prevedeva precisi impegni anche da parte della madre e doveva concludersi a fine 2007.
«Ogni tappa pattuita non è stata però rispettata dalla signora, nonostante i nostri solleciti e le ripetute segnalazioni», ha precisato Facci ricordando che il vero scopo della signora Uzebu è quello di ottenere una casa dal comune.
Il comune lupatotino aveva sottoposto alla signora anche la possibilità di assegnarle una casa a Roverchiara dichiarando la sua disponibilità a sostenere la spesa per una parte del canone di affitto.
«Anche questa offerta è stata rifiutata», dichiara l’assessore lupatotino. Dopo l’assegnazione della stanza nella Casa Graziella e il suo abbandono da parte della signora Uzebu, il 6 febbraio il Comune ha deciso di liberare la stanza e da qui sono nati i fatti di lunedì.
Facci aveva definito il tutto una «palese strumentalizzazione» affermando che dopo i notevoli sforzi dei servizi sociali per risolvere la questione, gli stessi non potevano fare la figura di chi ignora i casi umani e getta sulla strada le persone che vi sono coinvolte. Di qui la decisione dell’aut-aut.

mercoledì 12 marzo 2008

LA REPLICA. L’assessore Bertacco: «Basta con questa strumentalizzazione dei minori»
«Un caso che non ci compete»

«Ogni comune deve prendersi le proprie responsabilità. E’ inammissibile che nei nostri servizi confluiscano casi che non ci competono». Lo dice Stefano Bertacco, assessore ai servizi sociali del Comune di Verona. Lo sfogo arriva all’indomani dello sfratto dalla casa Graziella, del centro aiuto vita di Veronetta, della signora Joy Uzebu e dei suoi tre figli. A «metterci una toppa», come dice, è stato proprio Bertacco che ha trovato una sistemazione in un’altra casa di proprietà della Caritas in viale dell’Artigianato a Verona.
Non entra nel merito del perché la signora da 20 giorni non si fosse più presentata nella struttura che le era stata offerta. Si limita dire che «se si intraprendono percorsi di integrazione o protezione, vanno rispettati. Ho agito perché mosso da un senso di rispetto verso quei tre bambini. Non meritavano di vivere una situazione del genere», ammette.
E subito dopo aggiunge: «Basta con questa strumentalizzazione dei minori. E’ ora di finirla». L’assessore è arrabbiato e non lo nasconde. «I miei collaboratori si sono sempre dimostrati figure altamente professionali. Che cosa avrebbero dovuto fare in una situazione del genere, forse farsi carico di un caso che non gli competeva a discapito dei tanti che seguiamo quotidianamente? Dovremmo forse aspettarci ora che tutte quelle donne che dai comuni vicini finiscono nelle strutture di volontariato della città vengano a protestare da noi?». E si chiede anche «come mai la donna non è andata a occupare una delle stanze del comune lupatotino?».
L’accusa è all’avvocato Roberto Malesani, legale del coordinamento migranti e della rete sociale per il diritto alla casa:La situazione è a dir poco paradossale», sottolinea, «è come se un inquilino di un condominio di punto in bianco andasse a occupare l’appartamento del vicino. Ma qualcuno si renderà pur conto che noi non possiamo rimediare alle lacune o ai contenziosi di altri. Ci sentiamo vittime. Sì, proprio così, il Comune di Verona si sente vittima di una situazione che non ha voluto. Oggi possiamo parlare di una vera e propria intrusione per un fatto che non è nato sul nostro territorio».

Verona. Bloccato l’ennesimo sfratto

Questa mattina è stato bloccato l’ennesimo sfratto dagli attivisti della Rete Sociale per il Diritto alla Casa che doveva avvenire questa volta non per morosità ma per fine locazione ai danni di Antonio una persona di 49 anni, con un’invalidità civile sul lavoro del 50% che da otto anni vive nel quartiere popolare di Borgo Venezia.La storia di Antonio è simile a tante altre storie che parlano di precarietà e di lavori saltuari per tirare avanti e per poter pagare un affitto di 420 euro per un bilocale al nono piano di un palazzo periferico.La storia di una persona che fatica a trovare alternative abitative in una città zeppa di appartamenti sfitti (pubblici e privati) e di agenzie immobiliari esose ed escludenti non solo verso le persone migranti (l’inchiesta svolta alcuni mesi fa ne ha svelato il razzismo) ma in genere verso coloro che come Antonio sono invalide.

Antonio come tante persone si è rivolto all’Agec (l’Azienda Gestione Edifici Comunali di Verona) per poter accedere ad un alloggio pubblico. La risposta è stata negativa perché il regolamento per l’assegnazione degli alloggi pubblici è stato modificato l’autunno scorso dall’amministrazione di destra che pone come per i migranti delle regole peggiorative per poter ottenere diritti fondamentali come quello della casa. Infatti per accedere agli alloggi pubblici la giunta Tosi per i migranti ha imposto la residenza da almeno 10 anni, per le persone invalide come Antonio per ottenere un alloggio richiede il requisito minimo di invalidità del 75% ed il compimento del 50esimo anno d’età.  Ironia della sorte: Antonio ha 49 anni e un’invalidità minore. Ma Antonio questa mattina non era solo ed invisibile. Con lui, ad aspettare l’ufficiale giudiziario, c’erano una quarantina di attivisti che, con volantini, striscioni e megafono, oltre ad ottenere il rinvio dello sfratto fino a giugno 2008, mese in cui Antonio compirà il 50 anno di vita (conseguendo uno dei requisiti richiesti dalle normative comunali), hanno “messo in mostra” agli abitanti del quartiere il dramma dello sfratto e dell’emergenza abitativa che colpisce italiani e stranieri, pensionati, lavoratori precari, studenti…La denuncia e l’allarme lanciato dagli attivisti è stato chiaro: ogni giorno a Verona vengono eseguiti 2 sfratti al giorno molti per morosità, nella totale indifferenza delle istituzioni, mentre centinaia di abitazioni private e pubblicate rimangono sfitte e abbandonate e sono preda della speculazione edilizia.

In questi mesi la Rete Sociale ha preso sul serio le parole dell’assessore alle politiche giovanili Bertacco che si rendeva disponibile a prendere in esame le segnalazioni delle emergenze abitative intercettate dagli attivisti che puntuali gli giungevano. Gli attivisti di fatto hanno svolto e svolgono le funzioni di un’agenzia di intermediazione per il diritto alla casa informando, mediando, proponendo soluzioni praticabili, alternative alle sterili iniziative assistenzialiste di cui si è fatta vanto la precedente amministrazione e sulle quali sta ripiegando anche quella attuale.Oggi il diritto alla casa è stato messo in sicurezza perchè non solo si è bloccato l’ennesimo sfratto impedendo che una persona finisse per strada, ma ci si è ritrovati in molti a ribadire che le soluzioni abitative ed i diritti vanno difesi e conquistate attraverso le mobilitazioni e la lotta.

Rete Sociale per il Diritto alla Casa (Collettivo Metropolis, Coordinamento Migranti, Chimica)

Guarda il video

http://www.youtube.com/watch?v=95z_Dry6nLY

Verona. Famiglia sfrattata, stop dal prefetto

Fonte: L’Arena – giovedì 17 gennaio 2008 cronaca pag. 12

LA VICENDA. La dottoressa Italia Fortunati ha ottenuto una proroga a favore dei nigeriani residenti alle Golosine colpiti da un provvedimento esecutivo

Famiglia sfrattata, il prefetto li soccorre in extremis. È stato il prefetto Italia Fortunati a chiedere una proroga di qualche giorno per uno sfratto esecutivo in via Caccia al civico 5, nel quartiere Golosine. Questa volta a finire sulla strada doveva essere una famiglia nigeriana, gli Aghinien, composta da mamma, papà, quattro figli; il primogenito ha 13 anni, il secondogenito nove, una bimba di sette e il più piccolo non ha ancora due anni.

L’INTERVENTO. A chiedere l’intervento del rappresentante dello Stato è stato il coordinamento migranti per voce dell’avvocato Roberto Malesani. Ieri è stata una mattina caratterizzata dal susseguirsi di telefonate, fatta di richieste di aiuto mentre l’ufficiale giudiziario accompagnato dalla forze dell’ordine e dalla Digos, intervenuta sul posto visto l’interessamento degli esponenti del Centro sociale La Chimica, arrivati per dare un concreto aiuto alla famiglia, notifica il sopravvenuto sfratto esecutivo. Dall’altra parte oltre alla camionetta della polizia, alle volanti partite dalla caserma di Borgo Roma, il proprietario dell’appartamento, Marco Venturi, accompagnato da uno degli avvocati dello studio legale Caprara.
Lo stabile dove vivono gli Aghinien non lo si può di certo definire signorile: il cappotto che riveste la struttura è logoro, l’entrata si presenta con muri scrostati e l’impianto elettrico esterno. Le scale sono strette e sporche. L’appartamento, all’ultimo piano di 70 metri quadri si divide in un cucinotto, un soggiorno, due camere e un bagno. Il canone è di 750 euro mensili. L’impianto idraulico lascia a desiderare così come quello elettrico. «Basta un salvavita perché sia a norma», assicura il proprietario.
LE VALIGE. Gli Aghinien hanno provveduto a mettere sul pianerottolo il frigorifero, due televisori. Le valigie sono fatte, non si oppongono allo sfratto dato per morosità ancora il 19 dicembre del 2006 e che sarebbe dovuto essere definitivo già un mese dopo. E anche se su quel «per morosità» c’è molto da dire. Dalle ricevute esibite dal capofamiglia risulta che gli affitti compresivi di spese legali erano stati saldati ancora prima dell’udienza di convalida dello sfratto per un totale di 4.500 euro a fronte della richiesta della proprietà che ne chiedeva 4.350.
Agec ha già assegnato alla famiglia nigeriana un appartamento: vi sarebbe dovuta entrare tra la fine di aprile e l’inizio di maggio. Gli Aghinien sono extracomunitari con le carte in regola: il papà lavora per una cooperativa, fa lo stradino. Ha un lavoro fisso da più di cinque anni. Non è mai rimasto con le mani in mano. Nella stessa casa vive anche sua sorella. Lei invece non ci sta a farsi buttare in strada. E si incatena al divano.

IN AUTO. «Non chiedo elemosina. Mi hanno già fregato una volta. Se la mia famiglia non potrà rimanere unita significa che dormiremo in automobile», afferma il capofamiglia. I loro figli sono ben integrati, vanno tutti a scuola. Il più grande frequenta le superiori alla scuola inglese a Roma. Il suo sogno è quello di fare il meccanico, quello che mamma Patience ha per lui è che possa tornare nella sua terra e vivere felice, senza soffrire la fame, la guerra, la paura.
I rappresentanti della Chimica hanno appeso uno striscione al balcone dell’appartamento dei nigeriani e con un altoparlante sono tornati a ribadire i concetti fatti di diritto alla casa, di rispetto dei diritti umani. Per loro le ultime delibere Agec svantaggiano gli immigrati. E dalla strada un tunisino ha invitato gli extracomunitari ad incrociare le braccia in tutta la regione. «Senza di noi si fermerebbe tutto». Gli Aghinien sono diventati il simbolo dei migranti costretti a vivere in case definite a norma e a pagare affitti stratosferici.

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