Verona. Bloccato lo sfratto di una famiglia nigeriana

Oggi a Verona è accaduto un fatto nuovo nell’ambito delle emergenze abitative e della lotta contro gli sfratti. Gli attivisti del Patto contro la Precarietà sono riusciti a bloccare il terzo tentativo di sgombero da parte dell’ufficiale giudiziario (altre due volte si era già riusciti a rinviare lo sfratto) con una resistenza protratta per ore, dalle prime luci dell’alba fino a pomeriggio inoltrato.

Uno sfratto coatto ai danni di una famiglia nigeriana composta da sei persone delle quali quattro minorenni che questa volta il proprietario privato voleva eseguire a tutti i costi richiedendo l’impiego della forza pubblica che a metà mattinata s’è materializzata in un dispiegamento di celere e volanti non indifferente. Una famiglia che da mesi aspetta l’assegnazione di un appartamento pubblico e che è riuscita a resistere ai tentativi di sfratto uscendo dall’invisibilità denunciando la situazione di degrado in cui l’appartamento versa a fronte di un affitto mensile di 750 euro.

Per otto ore gli attivisti, dal balcone di uno dei tanti palazzi della cerchia periferica della città in un quartiere ad alta densità di migranti, hanno resistito sensibilizzando gli abitanti del quartiere rispetto all’emergenza abitativa che anche a Verona, nel ricco nord est conta 2500 sfratti in via di esecuzione molti dei quali per morosità. La storia di questa famiglia nigeriana fa parte di un pezzo di storia delle lotte avvenute in questi due anni a Verona costruite attraverso le occupazioni delle case lasciate colpevolmente sfitte e abbandonate dagli enti pubblici comunale (Agec) e regionale (Ater), attuate attraverso tentativi di blocchi agli sfratti, incontri pubblici, un video autoprodotto e un’inchiesta che ha svelato il razzismo delle agenzie immobiliari interpellate (circa una ventina) perché le stesse si rifiutano di affittare ad una persona solo perché migrante.

Oggi lo sgombero coatto è stato bloccato grazie ad una resistenza decisa che ha saputo comunicare le ragioni del diritto, ed ha saputo costruire una una mediazione che ha coinvolto loro malgrado, prefetto, questore e alcune forze politiche. Questo è un accordo che crea un precedente dato che la famiglia non è stata sgomberata nonostante fosse pronto l’intervento della celere, perché il prefetto ha accettato di incontrare alcuni rappresentanti del patto contro la precarietà ed ha sollecitato l’assessore alle politiche sociali della giunta Tosi di risolvere l’emergenza abitativa della famiglia entro breve.

E’ una prima vittoria consci che il percorso è ancora lungo ma di fatto oggi abbiamo posto all’attenzione dell’opinione pubblica veronese l’emergenza abitativa quale tassello di una problematica ben più ampia legata alla precarietà, al reddito e alla dignità delle persone, emergenza che può essere affrontata e risolta ponendo come priorità il soddisfacimento dei diritti e la garanzia della loro sicurezza.

Verona – Sanzionate agenzie immobiliari che discriminano i migranti

A Verona continua la lotta alla precarietà, dopo le manifestazioni e i blocchi metropolitani realizzati in molte città italiane per lo sciopero generale e generalizzato.
Dopo un lavoro d’inchiesta sulla discriminazione razziale all’accesso alle case da parte delle immobiliari ai danni dei migranti, è stata sanzionata un’agenzia immobiliare di Veronetta.
Migranti e precari hanno bloccato l’accesso e fatto ascoltare pubblicamente le registrazioni fatte alle agenzie che smascherano il razzismo diffuso tra proprietari di case e agenti immobiliari.

Il resoconto della giornata di Sandro, Coordinamento migranti Verona.

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Verona – Pronto sei immigrato? Non ci sono case per te

Oggi, sabato 10 novembre 2007, a Verona continua la lotta alla precarietà, dopo le grandi manifestazioni e i blocchi metropolitani realizzati in molte città italiane per lo sciopero generale e generalizzato del 9 novembre. Dopo un lavoro d’inchiesta sulla discriminazione razziale all’accesso alle case da parte delle immobiliari ai danni dei migranti, è stata sanzionata un’agenzia immobiliare di Veronetta. Migranti e precari hanno bloccato l’accesso e fatto ascoltare pubblicamente le registrazioni fatte alle agenzie che smascherano il razzismo diffuso tra proprietari di case e agenti immobiliari.

Sappiamo per certo che cosa sicurezza non vuol dire. Diffidiamo della supponenza di chi da destra e da sinistra – imprenditori politici della paura; miseri burocrati delle passioni tristi e statisti di un decoro da amministratori di condominio – pretende di dirci che cosa essa significhi.

Sicurezza non vuol dire sicurezza di nessuno. Non di coloro che subiscono le truffe dei banchieri e dei finanzieri per i quali è stato fatto l’indulto. Non di quelli che patiscono gli effetti di una consapevole devastazione dell’ambiente. Non dei precari e dei lavoratori flessibili che certo non sono sicuri di diritti costantemente erosi da protocolli sul welfare redatti nel chiuso delle stanze delle segreterie di partito, sindacali dei pensionati e confindustria dei figli di.

Sicurezza dovrebbe voler dire reddito diritti e dignità per chi lavora e per chi produce valore nella fabbrica sociale diffusa. Studente, stagista, lavoratore intermittente o migrante che sia. Sicurezza dovrebbe voler dire possibilità di costruire il proprio futuro e garanzia che un futuro per tutti ci sia.

Sicurezza, ci dicono invece, significa rispetto della legalità. E per questo mobilitano – lo hanno fatto davvero – decine di poliziotti e carabinieri in assetto di guerra per difendere lo sfratto di una famiglia di migranti in contenzioso privato col proprio padrone di casa. Per questo hanno cacciato di casa i migranti che si erano conquistati un posto dove stare tra le case di edilizia popolare che l’ATER svende agli speculatori. Per questo perseguitano gli ambulanti, i lavavetri, i call center e le rivendite di Kebab e non i commercianti del centro che dichiarano al fisco meno delle loro commesse.

Sicurezza e legalità sono uno specchietto per le allodole ed un feticcio. Lo specchietto col quale catturare l’attenzione dei cittadini alla ricerca di un oggetto sul quale proiettare la catastrofe che tutti li investe – incertezza, povertà crescente, perdita dei diritti sono più tollerabili se sembrano riguardare solo un altro più povero e con meno diritti di noi -; ed il feticcio innanzi al quale recitare il mantra dell’esorcizzazione della propria impotenza: la città, a dispetto di chi pretende di rappresentarla e di controllarla, la disegnano le incomprimibili traiettorie di una libertà ingovernabile che ridescrive in continuazione il confine tra legale e illegale, tra insicurezza e sicurezza, tra isolamento e partecipazione.

Fa male doverlo ricordare ancora, ma se una donna nera, Rosa Parks, non avesse disobbedito, non troppi anni fa, a una legge infame, avremmo ancora la segregazione razziale negli Stati Uniti.

Ciò che è giusto è la dinamica che sfonda ed eccede l’ orizzonte ristretto della legalità e del diritto. E gli schemi formali della legge codificano solo i rapporti di forza che sono in grado, per un momento, di cristallizzare.

Ora: un’emergenza vera a Verona c’è. Come altrove. E riguarda la sicurezza dei diritti. Essa riguarda, prima di tutto la casa. E riguarda tutti, migranti, studenti, precari e e famiglie monoreddito, a dispetto del tentativo di governarla in termini coloniali. Per mezzo di gerarchizzazioni e di priorità etniche, ad esempio (oh la fantasia di una giunta il cui sindaco, campione di sicurezza e legalità, è un pregiudicato per razzismo…).

Essa riguarda la situazione di migliaia di migranti in attesa di veder rinnovato il permesso di soggiorno, di cui hanno il pieno diritto, già rapinati per il passaggio della procedura alla privata spa delle poste con la benedizione del centrosinistra e dei sindacati, i cui diritti sono sospesi in attesa di un rinnovo che ci metterà anni ad arrivare e che le questure non sono affatto in grado di garantire.

E poi ci parlano di legalità e di sicurezza…

L’ATER svende le case. Ci dicono per costruirne, in un futuro remotissimo altre. Nell’attesa fa sgomberare chi ha occupato le case sfitte, pagava un affitto e lavorava a quell’autorecupero cui l’ATER ha rinunciato per garantire non i propri inquilini, ma gli speculatori, piuttosto. L’AGEC, grazie al regolamento varato dalla nuova giunta, non assegnerà più case ai migranti. Nemmeno a quelli che erano in graduatoria, che ne avevano il diritto e i cui diritti noi tuteleremo legalmente in tutte le sedi. Compresa la corte di giustizia europea. Oggi dimostriamo, infine, che il fantasmatico rinvio dei lavoratori migranti al mercato privato degli affitti è illusorio e davvero cinico: "agli immigrati non affittiamo", ci dicono.

Che legalità e che sicurezza tutelano gli sgomberi? Quanto sono costati la mobilitazione dei mezzi dei carabinieri e della polizia, per garantire gli interessi di una proprietaria già condannata per gli affitti in nero che estorceva ai propri inquilini? Quanto costa affidare i casi di emergenza al pelosissimo privato-sociale cattolico, che sulla miseria ci lucra, piuttosto di agire gli strumenti legali che ci sono e che permettono di contenere l’emergenza abitativa?

I migranti le case sfitte le trovano e le occupano da sempre. Essi conquistano a morsi la loro libertà. Studenti e precari non sono sempre disposti a lavorare in nero e in nero a pagare affitti insostenibili. Solo la logica paranoica dei sindaci sceriffi può immaginare di nascondere sotto i ponti, di notte, con un gioco di prestigio senza rete, i lavoratori precari e migranti di cui hanno bisogno di giorno e senza i quali la città non esiste.

Una recente sentenza della Cassazione lo ha stabilito. Ciò che è giusto ha la precedenza sulla vuota forma di legge. Occupare è giusto, quando altra risorsa non c’è.

Amministratori meno ciechi, lo hanno già fatto. E’ possibile requisire le case che le agenzie territoriali svendono, se si tratta di dare soddisfazione a un bisogno primario di uomini e di donne che non possono permettersi un accesso al mercato.

Cifre imponenti destinate all’edilizia popolare sono scomparse, nella fumosa gestione dell’ATER. E altre le seguono, pur di non avviare un confronto con le esperienze di occupazione, autogestione e autorecupero nate dall’autonomia di movimenti che sfidano i meccanismi della rappresentanza politica e sindacale.

Dobbiamo riprenderci gli spazi. Imporre una nuova soglia di confronto al governo delle città. E’ la nostra insorgenza a riaprire costantemente i perimetri della legalità. E siamo noi a dire che vogliamo sicurezza: sicurezza di un futuro come possibilità aperta a tutti alle stesse condizioni per tutti.

Inchiesta a cura di:
ADL/Coordinamento migranti (rete IWW) – Collettivo Metropolis

Azione di sanzionamento:
Patto contro la precarietà

Ascolta le telefonate alle agenzie immobiliari:

agenzia cangrande
agenzia arena
agenzia caesar
agenzia tecnocasa b.go trento