Mancano pochi minuti alle otto quando polizia e carabinieri decidono di dare seguito all’ordinanza prefettizia che prevede lo sgombero della «Libera Repubblica della Maddalena». Gli uomini delle forze dell’ordine, diverse centinaia, indossano la maschera antigas a completare la tenuta antisommossa e scortano ai lati la ruspa che di lì a poco sfonderà la cancellata di ingresso del presidio. E’ una metafora forte, quella degli agenti che con fare metodico smontano le inferriate divelte dal bulldozer e distruggono l’insegna che preannuncia l’ingresso in un territorio che per trentaquattro giorni è stato il domicilio delle speranze di chi crede che la parola «resistenza» abbia ancora un significato tangibile.
Qualcuno piange, altri urlano la loro indignazione a poca distanza dalle visiere degli uomini in divisa. L’atmosfera è tesa ma nessuno, da una parte e dall’altra, vuole uno scontro che, nelle condizioni date, rischierebbe di trasformarsi in una mattanza. Però alcuni cominciano a sentire l’odore – non solo in senso figurato – dei giorni del G8 di Genova, quando una tempesta di lacrimogeni investe il cuore del territorio libero, il presidio Clarea. Chi è rimasto a valle, costretto da un divieto di ingresso che riguarda anche i giornalisti, comincia a essere in apprensione per quanto sta accadendo e prende la via dei sentieri che solo chi è pratico di questa zona può conoscere. Così accade che i boschi che sovrastano le vigne di avanà, vitigno autoctono che correrà seri pericoli di sopravvivenza se cominceranno i lavori, risultino in breve affollati dai manifestanti che salivano per portare il loro aiuto al presidio e da quelli che fuggono dal presidio stesso, dove i lacrimogeni hanno provocato l’incendio di alcune tende. In breve diventa impossibile respirare ma soprattutto vedere, dal momento che questi gas risultano fastidiosissimi per gli occhi. La battaglia nell’area di Clarea si esaurisce abbastanza velocemente, anche se i feriti risulteranno essere più del previsto. Un elicottero volteggia sulle teste dei fuggitivi, mentre dalle strade che circondano l’area arriva il suono delle sirene delle ambulanze, che cominciano il solito carosello. Leggi tutto “No Tav. Non siamo come loro”