Da: Corriere della sera – Verona- 1 dicembre 2008
Il dibattito. Il “professore” al Metroplis Cafè per presentare “Alla ricerca del commonwealth”
Toni Negri e il “bene comune”: Verona? Non ha mai brillato per il suo acume politico.
“La città mi ispira il termine “fascista”, inteso come incapacità di modernizzarsi”
C’è del “commonwealth” anche a Verona.
Inteso come “bene comune”. O meglio c’era. E non tanto a Verona. Più
nel nordest. Passano gli anni, anche per quelli che vengono definiti
“cattivi maestri” o “pensatori senza tempo”, a seconda delle credenze.
Politiche e non solo.
E gli anni passano anche per lui. Per uno
che, nel bene o nel male, di questa terra – e non solo – è un
pensatore. E che in riva all’Adige è sempre venuto storcendo un po’ il
naso. Lo ha fatto la settimana scorsa. In un luogo che il seme del suo
pensiero lo porta avanti, anche in una città che – culturalmente e
politicamente – gli è sempre stata ostile. Perché Toni Negri, la
settimana scorsa, era al Metropolis Cafè di Via Mazza. Nello spazio
gestito dall’associazione “Equilibrio precario”, Negri ha colloquiato
con Adriana Cavarero, ordinaria di filosofia politica all’università
scaligera e con Sandro Chignola dell’ateneo di Padova. Il “professor
Negri”, che dopo gli anni di carcere trascorsi in Italia con le accuse
di associazione sovversiva e insurrezione armata contro i poteri dello
stato, attualmente viene considerato in varie parti del mondo uno dei
massimi filosofi della politica viventi.
Tanto da incassare
l’inserimento da parte del Time “tra le sette personalità mondiali che
stanno sviluppando idee innovative in diversi campi della vita
moderna”. Ma che qui rimane quello per cui fu accusato nel 1979:
l’ideologo delle Brigate Rosse. Passano gli anni anche per Toni Negri.
Ma lui non smette di sviluppare. E a Verona è arrivato per anticipare
quello che è ancora un libro avviluppato e che sarà pubblicato dalla
Harvard University Press. Quel “Alla ricerca del commonwealth” che è
l’ultima parte di una trilogia iniziata con “Impero”. Dove l’idea
comunista rimane il principio di un’analisi che affetta la
globalizzazione. Ha le radici piantate nel Nordest il professor Negri,
nonostante i viatici che lo hanno portato a vivere altrove. Adesso la
sua è una spola tra Venezia, Parigi, Roma. Quell”Impero” scritto con
Michael Hardt è diventato un “testo culto”.
“Chi lo ha criticato –
dice adesso – ha mosso obiezioni che sono cadute con la crisi di questo
periodo. In Italia la lettura è stata alquanto superficiale. E le
critiche sono cadute quando ci si è accorti che non si è in grado di
affrontare la crisi fuori dalla globalizzazione. Con la sovranità
nazionale che è stata indebolita all’interno da questi processi”. Un
processo che potrebbe sembrare quasi “identitario” quello di Toni
Negri. Che un’identità la dà anche alla sua terra. “Il Veneto è stato
uno dei primi esempi di globalizzazione”. Parliamo degli anni Settanta.
E allora aveva un’accezione positiva. Basti pensare a Benetton, ai suoi
United Colors. Alle nuove forme di comunicazione che sono nate qui. Poi
c’è stata la svolta negativa. Quella politica. Il Nordest ha avuto una
classe politica che è sempre stata fifona, in tutte le sue accezioni”.
E per Negri Verona è la dimostrazione più lampante di quella classe”
fifona”. “Verona non ha mai brillato per acume politico. Le sue massime
espressioni sono state i Gonella e i Trabucchi.” Ma in riva all’Adige,
per il “cattivo maestro” c’era un’”intellighenzia” industriale e
produttiva che dalla politica è stata però spenta. “Mi ricordo –
racconta – figure come quella di Hrayr Terzian”. Il primo rettore
dell’Università di Verona. Che come molti altri suoi colleghi arrivava
in riva all’Adige da quell’ateneo patavino che diede i natali di
docente anche a Negri. “Con Terzian – prosegue – avevamo anche studiato
un protocollo di medicina sociale per il Petrolchimico. Finì tutto in
nulla”. Ma avevano visto lontano. Perchè anche il Petrolchimico con i
suoi operai non navigarono in buone acque. Oggi il filosofo della
politica Toni Negri guarda tutto con distacco. Ma non ha smesso di
analizzare, con l’occhio critico di chi ha scritto che “non siamo
anarchici, siamo comunisti che hanno visto in quale misura la
repressione e la distruzione dell’umanità siano state portate avanti
dai big government socialisti e liberali”. E non ha perso l’abitudine
di non usare mezzi termini.
“Quando guardo Verona adesso, il suo
sindaco, chi l’ha votato, ma anche le altre città in Veneto che si
muovono sulla stessa riga. Mi viene in mente un solo termine.
“Fascisti”. Dove fascista non sta assolutamente per razzista o
antisemita, come la maggior parte della gente pensa. Fascista nel senso
di un movimento incapace di modernizzazione. Incentrato su un unico
scopo, quello di difendere il proprio interesse, che esso sia economico
o sociale”. E non a caso il Metropolis café è in un luogo che in
quest’ottica è assolutamente “antifascista”, quella Veronetta che per
la su struttura è – inevitabilmente – un luogo di sperimentazione e
integrazione. Lui, il “cattivo maestro”, dai borghi della sua terra ha
preso il via per un’analisi sempre ancorata al comunismo, di quella
globalizzazione che – stando al Negri “pensiero” – mai potrà avere un
risvolto positivo, al contrario di quello sbocco che s’intravvedeva
negli anni Settanta proprio qui, nel Nordest. “Adesso – ha detto – in
molti parlano di “capitalismo buono”, che permette lo sviluppo. Tutto
questo è per me falso: il capitale è sempre un rapporto di forza, in
cui lo sfruttamento è necessario. E i soggetti lo devono combattere.”
Passa il tempo, anche per il professor Negri, che ormai ha 75 anni. Ma
che non ha cambiato di una virgola il suo pensiero, da quando fu tra i
fondatori di potere Operaio.
Da: Corriere della Sera – Verona – Martedi 2 dicembre 2008
Il dibattito. Reazioni dopo le accuse del “Cattivo maestro”
Tosi: “Pessimo Negri”
La Sironi: “Il prof si informi. Ma la città può fare di più”
Zanotto: “Fascisti no. Però il rischio c’è”
Sindaco contro la Cavarero: “Mi fa più male che ci siano docenti della nostra università che vanno a dibattere con lui”
Verona – Verona fifona e fascista? I
giudizi di Toni Negri sulla nostra città, pubblicati domenica dal
Corriere di Verona, hanno fatto sobbalzare sulla sedia più di un
esponente politico. E hanno coinvolto, in maniera particolare, i tre
sindaci che hanno guidato l’amministrazione scaligera negli ultimi
anni.
Il più arrabiato è sicuramente il sindaco in carica, Flavio
Tosi. Secondo il quale “viviamo davvero in un Paese strano. Ho letto –
dice Tosi – le dichiarazioni di Negri sul vostro giornale. E proprio
sul vostro giornale ho letto anche la notizia di Furlan, rilasciato in
anticipo, dopo avere ucciso almeno 15 persone: e gli hanno pure trovato
una casa, di cui pagano l’affitto. Penso a come saranno contenti i
cittadini onesti, alle prese coi conti e le bollette da pagare. Una
vicenda abominevole…”.
“Tornando a Negri – continua Tosi –
giustamente è stato definito uno dei “cattivi maestri”, dove
l’aggettivo “cattivi” va inteso nel suo senso più profondo. Ha portato
a far massacrare come cani centinaia di persone, d’ogni tipo e d’ogni
ceto. E adesso risale in cattedra a dare giudizi. Quel che mi fa più
male, poi, è che ci siano maestri d’oggi, che insegnano nella nostra
università (Adriana Cavarero, ndr) o nell’università di Padova (Sandro
Chignola, ndr) che vanno tranquillamente a dibattere con lui, come se
niente fosse. E poi cosa andranno ad insegnare ai nostri ragazzi? Che
idee daranno loro?”
Tosi non dimentica che Negri ha scontato la
sua pena. “In un Paese normale dovrebbe sparire, farsi solo
dimenticare. Altro che partecipare a dibattiti in cui spiega come
dovrebbe essere la società in cui viviamo! Lui, personalmente, è
l’esempio vivente di quello che una società non dovrebbe consentire e
di come in una società non ci si deve comportare!”.
Toni diversi
dal predecessore di Tosi, Paolo Zanotto, che entra invece nel merito di
quanto sostenuto da Negri. E almeno in parte gli dà ragione. “Verona
non è solo fifona – dice Zanotto – bensì è letteralmente terrorizzata
dall’innovazione. E’ una città indifferente alle esigenze di
modernizzazione. Ed è anche vero che, in molti casi, l’unico scopo è
quello di conservare, difendere i propri interessi”.
Che per
Zanotto, però, non significa una Verona “fascista”. “No, ma una città
che rischia di diventarlo, per il diffondersi di pensieri e di modi di
agire che stanno sempre più prendendo piede e di fronte ai quali ci
sono troppi silenzi da parte delle Istituzioni, del mondo economico e
anche di quello culturale cittadino, nonchè da parte dei principali
mezzi d’informazione”. Nettamente anti-Negri il pensiero, infine, di
Michela Sironi, che peraltro non rinuncia a qualche stoccatina agli
attuali “reggitori” della città. “Negri deve informarsi meglio – dice
la Sironi – e se lo facesse saprebbe che Verona sta dando molto al
mondo dell’economia e a quello della cultura. Ovvio che si può fare
sempre qualcosa di più, e che questo dipende dalle scelte politiche.
Parlo sia del Comune che della Provincia, e ribadisco quello che ho più
volte detto: a Verona esistono moltissime potenzialità, ma quello che
manca è la collaborazione tra tutti gli enti pubblici, nonchè tra
questi ed i privati. Spesso, al contrario, vedo esempi di
incomprensione assoluta. Ed è questo il motivo per cui manchiamo di
progetti a lungo termine e di una vera strategia…”.
Vai alla
registrazione dell’intervento di Negri al Metropolis café di Verona