re-biennale a Venezia

Molto spesso i grandi eventi culturali come la Biennale
di architettura attraversano la città di Venezia in maniera imponente
ma difficilmente interagiscono al di fuori del carattere espositivo che
le connota. Questo vale tanto per i cittadini (abitanti, studenti,
lavoratori) quanto per i professionisti e gli artisti invitati
ufficialmente.
Un altro dato importante è il volume di “rifiuti”
che costantemente si rileva ad ogni chiusura della mostra: così i
materiali utilizzati per le installazioni e le opere stesse concludono
il loro oneroso ciclo vitale rappresentando appieno un carattere di
insostenibilità ambientale, economica e denotano scarsa attenzione per
le risorse attive della città.
Da questa realtà nasce l’idea di
riutilizzare quei materiali per un progetto condiviso di rigenerazione
urbana: una straordinaria occasione per prendersi cura della città come
tessuto complesso di relazioni sociali, funzionali e spaziali che può
essere progettato da chi la vive, per esplorarla e studiarla, per
lavorare trasformandola in un cantiere di idee e di fatto, per darle il
senso che le istituzioni, incapaci di leggere le dinamiche reali e di
investire politicamente nell’abitare, non sanno dare.
La creatività
della ricerca e l’ibridazione dei linguaggi possono così garantire la
ricchezza del disegno urbano e riscoprire l’importanza dei beni comuni
oltre il costruito, appunto Commons Beyond Building.

Dai materiali al progetto dei Cantieri Sociali di Autocostruzione
La proposta nasce dalla sperimentazione di autorecupero realizzata dal
gruppo veneziano dell’Asc. L’autoproduzione, ciascuno contribuendo con
le proprie competenze, materiali e ’immateriali’, ha permesso in un
primo tempo di recuperare unità abitative nei quartieri di edilizia
sociale e successivamente di optare per una ’riconversione’ culturale e
produttiva di aree abbandonate, dai giardini e gli orti agli edifici,
dai campi o cortili alla spiaggia-presidio a ridosso dei cantieri del
MoSe. Questo ha permesso di utilizzare meglio le risorse della città ed
ha creato i presupposti per un progetto ergonomico che prospetta
soluzioni nel rispetto dell’eco-sistema sociale e dell’habitat
territoriale sfruttando il social networks già disponibile.
Esiste
quindi una prima mappatura di luoghi che ambirebbero ad una dimensione
comune, luoghi disponibili ad un percorso progettuale e di
cantiere-scuola condivisi.
L’obiettivo è quello di invertire la
tendenza del progetto di architettura e, partendo dai materiali di
recupero, attraverso un meccanismo virtuoso in cui entrano in gioco
cittadini, studenti, istituzioni (IUAV e Biennale), gruppi di artisti
ed architetti internazionali, con-correre al processo di rigenerazione
di uno o più spazi urbani individuati.

Partecipano inoltre al laboratorio:
BestUp-Circuito per la promozione dell’abitare sostenibile,
TerrASCuola2008,
Francesco Careri-Università Roma3,
Ida Farè, Gisella Bassanini -Politecnico di Milano,
Judith Revel – Università di Parigi I

Laboratorio progettuale Re-biennale e autoformazione IUAV
La proposta ideologica di modernizzazione dell’università italiana con
una visione aziendalista della formazione e della sua sponsorizzata
privatizzazione non solo è impraticabile ma è anche fallimentare dato
che mercato e imprese sono realtà che godono di pessima salute. A
questa proposta che non riesce a comprimere il bisogno formativo e che
equipara la diffusione della cultura e della conoscenza alla produzione
di una qualsiasi merce possiamo contrapporne un’altra che afferma
l’accesso alla formazione come espressione di una piena cittadinanza.
Ogni persona può partecipare alla produzione e alla trasmissione del
sapere ed i docenti non sono i soli titolari di eccellenza, né sono gli
unici detentori di un passe-partout speciale che dà accesso
all’insegnamento perché «sanno», ma sono persone competenti che
vogliono condividere ciò che hanno appreso e approfondito nel corso
della loro esperienza professionale e della loro vita.
Mentre la
formazione deve essere permanente, la logica del mercato inibisce
l’innovazione e la ricerca ed è in questa dimensione che l’università
può emergere come un laboratorio sociale e culturale e che può
trasformarsi e produrre ricchezza nello sperimentare nuove forme di
conoscenza. Commons beyond building si pone come uno spazio di
produzione di saperi facendo ricerca attraverso l’indagine sul campo e
lo scambio di competenze. Le specializzazioni professionali si
articolano grazie ad un’organizzazione reticolare del sapere vivo ed
alla pratica del pensare la città come territorio dell’ autoformazione.

Crediti IUAV (5 + 4 per tirocinio con CBB) per il
diritto ad una formazione di qualità con percorsi che valorizzano il
cursus di studi e della ricerca grazie all’interazione attiva, creativa
e costruttiva tra soggetti con esperienze professionalmente consolidate
e realtà cittadine.


www.rebiennale.org