Da: L’Arena – 27/06/2010
San Pietro In Cariano. Il volume sullo sviluppo edilizio della Valpolicella: un atto di accusa
La ricetta di Gabriele Fedrigo: contro la deturpazione del paesaggio servono una «rete di resistenza» e una nuova sensibilità dei cittadini
Coltivare il bello che è in ciascuno e opporre resistenza. Per dirla con il melodramma, e citando Turandot, l’imperativo è «Nessun dorma». Sono le modalità per salvare il salvabile a Negrar e in Valpolicella secondo Gabriele Fedrigo, autore del libro «Negrarizzazione. Speculazione edilizia, agonia delle colline e fuga della bellezza» (QuiEdit), presentato in un’affollata sala di Tenuta Pule, a San Pietro in Cariano, durante una serata promossa dall’osservatorio SalValpolicella.
È il primo tentativo di narrare, in modo completo ed esaustivo, quanto è accaduto in quest’angolo veronese nell’ultimo cinquantennio. Secondo il giornalista Michelangelo Bellinetti, che ha dialogato con l’autore, è un «libro di responsabilità», scritto per non dimenticare il passato e per evitare di ricascarci a causa di «ingordigia, non conoscenza e corsa al profitto», precludendo così il futuro.
Fedrigo, 43 anni, è un cultore della bellezza e uno studioso di prim’ordine. Nella sua opera ha inserito documentazione fotografica e amministrativa dettagliata, unendola a pensieri e parole di coraggiosi uomini di cultura che hanno lottato per difendere il paesaggio. Mica per niente tra le prime pagine di «Negrarizzazione» si legge: «In memoria di Piero Gazzola, Giuseppe Silvestri e Eugenio Turri», cioè il soprintendente di Verona che salvò le Torricelle dall’urbanizzazione selvaggia, il giornalista che scrisse fiumi d’inchiostro in difesa della sua terra e il geografo impegnato nello studio e valorizzazione di tanta parte del Veronese.
Ma a Negrar e in Valpolicella, ora che il peggio è accaduto, come guardarsi dal peggio che potrebbe arrivare? In pratica da ulteriori colate di cemento, case e strade? «La devastazione è troppa e non ho soluzioni, ma credo in un’azione di vigilanza», spiega l’autore, nato e vissuto a Negrar e testimone dello sviluppo edilizio e degli obbrobri cresciuti come funghi negli ultimi trent’anni. «So di quel che parlo», prosegue, «per difenderci da questo virus dobbiamo assumerci tutti le nostre responsabilità». Un invito che è piaciuto ed è stato applaudito dalla platea, composta da rappresentanti di associazioni culturali, sociali e ambientaliste, ma anche da tanti cittadini che non vogliono più accettare le decisioni degli amministratori di turno e non vedono l’ora di far sentire la loro voce di disappunto.
Fedrigo ha indicato, tra gli scopi del libro, la creazione di una «rete di resistenza percettiva» che faccia leva su una nuova sensibilità di chi abita e vive la Valpolicella e sulla voglia di arginare l’onda negrarizzante, «una deturpazione paesaggistica che mi offende», dice l’autore, «perché diventa anche una deturpazione cerebrale».
SalValpolicella, che ha tenuto a battesimo l’evento, in fondo è nata in questo clima che si respira in modo trasversale nei comuni del territorio, come ricordato dal presidente dell’associazione, Pieralvise Serego Alighieri. «La sfida è grande», ammette Fedrigo. Tra le cose che si possono ancora salvare cita Marezzane e, tra i progetti da ostacolare, i nuovi campi sportivi di Negrar sotto villa Bertoldi.
Non c’era luogo più azzeccato di Tenuta Pule, circondata da vigneti e stradine bianche quasi fosse una miracolata, per puntare il dito sul sostantivo «negrarizzazione» coniato dall’architetto Arturo Sandrini sul finire degli anni Novanta e divenuto sinonimo di distruzione e scempio delle colline. Un fenomeno di lungo corso a Negrar, che rischia di allargarsi a macchia d’olio anche in altri paesi della Valpolicella, dove nuove lottizzazioni o strade sono già sotto accusa da parte di associazioni e cittadini. Sperando che la storia, stavolta, non si ripeta.