Verona. DI.N.O. occupato – Foto e rassegna stampa

Da: http://dino.noblogs.org
Si parte: DI.N.O. is born…
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Striscioni e pulizie. Roccolta di rifiuti stratificati nel tempo dentro il quartiere di Borgo Trieste:
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Eh, qualcuno si è accorto, alla fine…
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Com’era prima dell’intervento. La proprietà si è preoccupata di cacciare i senza casa che in questi anni lo hanno usato come riparo, ma il fatto che sia da tempo “occupato” dai rifiuti, questo va bene:
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Fonte: Corriere di Verona – 05/06/2010

I «sinistr-orsi» ispirati da Dino occupano stabile in viale Venezia
Dopo le denunce al Metropolis «presi» gli spazi dell’ex concessionaria Fiat. Decine di ragazzi a ripulire l’area. «Chiediamo un tavolo di confronto con il comune che non ci ha ascoltato».

Verona — Ci sono entrati, alla chetichella, due sere fa. Un po’ come si muove l’orso. Su sentieri non tracciati, pachidermico all’apparenza, ma assolutamente scaltro nell’azione. «M5, mi chiamano. Fanno così, ti cosificano mettendoti una sigla. Preferisco Dino, anche se è un nome che mi hanno appiccicato… ». Hanno «occupato» uno spazio e «sgomberato» le sgauie, le immondizie, ieri quelli che a primo acchito dovrebbero essere i soliti «sinistr – e in questo caso più che mai a tutto tondo – orsi». Quelli che facilmente si farebbero ricadere nell’area del Metropolis, il colletivo di via Mazza asfissiato dalle denunce e dalle ordinanze comunali. Ma che in realtà nei capannoni dell’ex concessionaria Fiat di viale Venezia hanno mostrato un nuovo volto, quello che non si omologa per nulla, nè nel collare dell’orso Dino nè negli schemi precotti dell’antagonismo politico. Ha la faccia di molti studenti che poco hanno a che fare con la «militanza», nel senso deleterio che si dà al termine, l’occupazione «ufficializzata» ieri delle aree dell’ «Albi Marcellino» abbandonate da anni. Hanno preso il nome del plantigrado più famoso del Nord Est, lo hanno reinventato in un acronimo, «DInamiche Non Omologate », – Dino – si sono armati di ramazza, sacchi per la raccolta differenziata e si sono «presi» uno spazio abbandonato nel degrado burocratico di una proprietà privata, quelli che adesso si riconoscono sotto la dicitura di «laboratorio sociale».

Quelli che hanno messo in atto l’occupazione, in termini di centinaia di metri quadrati, più imponente che Verona abbia mai conosciuto. Perchè quegli spazi, a ridosso di viale Venezia, sono un cubicolo di capannoni, officine, che si fiondano quasi sulla parte opposta del quartiere. Da anni abbandonati, da quando quella che era la «concessionaria dei veronesi» ha chiuso. Terra fertile, poi, per quelli che non hanno casa e di conseguenza per gli sgomberi. Sgomberi di esseri umani, ma non di quelle «masserizie» che negli anni si sono accumulate. E che ieri, chi «occupa » – e non chi è proprietario dell’area – ha ripulito. «Siamo un gruppo di ragazzi che ha deciso dopo l’”attacco” a Metropolis di prendersi uno spazio abbandonato da anni – hanno spiegato -. E il nostro laboratorio in realtà vorrebbe essere un progetto, composto da tante cose: una sala concerto, una libreria, una postazione informatica… Un laboratorio per una nuova cittadinanza che non rientra nelle logiche di una società commercializzata, che non rientra in una mentalità fatta di controllo e repressione…». Quello che sta facendo l’orso Dino. Lui fa l’orso, altri lo ergono a simbolo. Ha richiamato l’attenzione delle forze dell’ordine, l’occupazione cheta cheta dell’ex concessionaria di viale Venezia. «Non ci dispiacerebbe tenere questi spazi – dicono gli occupanti -. Il nostro è un grido d’allarme verso chi non ci ha voluto ascoltare». L’amministrazione comunale, «rea» di non aver voluto dialogare sul Metropolis. «Questo vuole essere un rilancio in avanti, un’esperienza nuova. Vorremo una città libera e chiediamo un tavolo di confronto, con le figure istituzionali». Con quelli che non li hanno incontrati per parlare di quel collettivo, ancora aperto, ma in realtà moncato dalle denunce. Ieri sera il «laboratorio sociale Dino» ha organizzato un concerto. Stasera ce ne sarà un altro e nel pomeriggio ci saranno i writers, che dipingeranno quei muri lasciati ingrigire dal tempo e dalle beghe burocratiche. C’è una parte di Verona che si sta riprendendo gli spazi. «Partiamo da qui – dicono quelli che come Dino non si omologano -. Da una nuova esperienza di autogestione. Uno spazio a disposizione di coloro che vorranno esprimersi liberamente, che vorranno starci vicini e rompere insieme a noi il controllo in cui ci vorrebbero tutti rinchiusi». Sanno, gli occupanti del «laboratorio sociale Dino» che il loro tempo è a scadere, come quello dell’orso a cui si sono ispirati. Per lui arriveranno le gabbie e, ben che vada, il «trasferimento». Per loro uno sgombero e, probabilmente, delle denunce. Ma c’è chi non si livella… «Sappiamo che adesso si metterà in moto la macchina della burocrazia. Ma noi da qui partiamo…». E a Verona la non omologazione rischia di diventare itinerante…