Verona – No al nuovo apartheid e alle politiche razziste

Fonte: L’Arena

IMMIGRATI IN PIAZZA. In Bra manifestazione di protesta del coordinamento migranti. In testa l’avvocato Malesani

«Diciamo basta al nuovo apartheid di Verona. Da oggi sarà guerra contro
questa amministrazione». Roberto Malesani, avvocato del Coordinamento
Migranti di Verona, non usa mezzi termini e, microfono alla mano,
denuncia le «politiche razziste adottate dall’amministrazione Tosi».
Lo
fa in piazza Bra, davanti a 300 immigrati extracomunitari, in
prevalenza del Senegal e del Marocco che si sono dati appuntamento alle
15 di ieri davanti a Palazzo Barbieri. A loro sostegno ci sono anche
cittadini veronesi. Sui cancelli degli arcovoli dell’Arena sono appesi
due striscioni: «Qui il razzismo è di casa, vergogna» e «L’Italia è una
Repubblica fondata sul lavoro…migrante».
Nel mirino dei
manifestanti i recenti provvedimenti del Comune: quello dei dieci (e
non più due) anni di residenza in città per avere una casa Agec e
quello ventilato dal sindaco Flavio Tosi e prima ancora adottato a
Cittadella che nega la residenza a chi non dimostra di percepire almeno
cinquemila euro l’anno.
Poi ci sono i commercianti stranieri che
raccontano di essere presi di mira con controlli a tappeto nei negozi
da parte delle forze di polizia. «Vengono solo da noi», dicono, «perché
extracomunitari: ci prelevano, ci portano in questura e ci fanno
perdere giornate intere di lavoro». «Ci sono i cowboy ma ci sono anche
gli indiani», dice Moustapha Wagne, segretario del Coordinamento. Diouf
Ahmed rappresenta la comunità senegalese di Verona. «Siamo in duemila,
provincia compresa. Lavoriamo all’Aia, in Galtarossa, negli alberghi,
negli autotrasporti. Ho sempre difeso Verona dall’accusa di essere una
città razzista, ci vivo e lavoro da 17 anni, ma ora certi provvedimenti
sono indifendibili».
Alle 16.45 la ghanese Hamiedo Fausia e Khaled
Ben Amm del Coordinamento s’incatenano: resteranno lì «finché non ci
riceve il prefetto o non viene qua Tosi». Malesani convince alcuni
facinorosi a non salire sulle scalinate: carabinieri e polizia
fronteggiano la situazione. Dalla prefettura arriva l’ok e un gruppo di
sei persone tra cui Malesani, Wagne e un rappresentante dei
commercianti, Sall, viene accolto in via Santa Maria Antica.
La
notizia scatena gioia e speranza tra i presenti. Si attende fino alle
18.50 il ritorno della gruppo. Nel frattempo al microfono si alternano
improvvisati comizi. Il leit motive è l’accusa di «usare le politiche
per la sicurezza per controllare, dividere e discriminare, con il solo
risultato di fomentare odio, razzismo e far crescere la povertà
materiale e culturale. A scapito dell’accoglienza e della solidarietà».
In molti si alternano a raccontarci le loro storie. C’è Hamza Chaabane,
che da 10 anni aspetta la casa Agec e che dopo sette anni è stato
licenziato: ha quattro figli e costruiva strade come operaio per una
ditta. Un altro ci racconta che in Galtarossa lavora da dieci anni.
Ora, solo a lui, non permettono più di scaldarsi l’hamburger nel
fornetto: manda cattivo odore, gli dicono. Due giovani ragazze
senegalesi puliscono camere negli alberghi: 5,60 euro l’ora, e in 60
minuti devono pulire tre stanze. Poco prima delle 19 i sei tornano in
Brà. «Un incontro cordiale», spiega Malesani alla folla, «il prefetto
ci ha fatto queste promesse: studiare una modalità per agevolare il
rinnovo dei permessi di soggiorno senza dover aspettare fino al 2009,
incontrarsi con il Comitato per la Sicurezza, composto da Forze
dell’ordine e sindaci, per valutare la modalità dei controlli ai
commercianti stranieri con forme più eque e valide per tutti. Il
prefetto ci ha inoltre confermato che a stabilire le regole per la
residenza in Italia è lo Stato e non il Comune. Daremo battaglia per
cambiare la delibera Agec».
«Siamo tutti uguali», conclude
Moustapha, «chi sbaglia deve pagare, ci batteremo per non essere
discriminati: se le promesse non saranno mantenute entro dieci giorni
torneremo qui e non ci sposteremo finché le cose non cambieranno». Sono
le 19.10, gli incatenati possono slegarsi. L’assemblea, soddisfatta, si
scioglie.