Fonte: L’Arena – 22/01/2010
Proteste. In risposta alle vicende di Rosarno
Anche i migranti veronesi aderiranno a «Un giorno senza di noi», la giornata dove i lavoratori stranieri incroceranno le braccia. Lo sciopero sarà il primo marzo e segue una proposta lanciata sul social network Facebook. A questo si è aggiunto un altro passaggio che ha portato le associazioni legate ai lavoratori migranti a confrontarsi su di un blog messo a punto da «Progetto Melting Pot». Tra le migliaia di adesioni c’è anche quella veronese che coinvolge la stralarga maggioranza dei 15mila migranti impiegati in fabbriche e cooperative.
Per l’occasione Cittadinanza Globale, l’unione che ha sede in via San Nazaro e che raggruppa tutte le associazioni legate alle comunità che vivono in città come Algerini Verona, Marocchina Atlas-Consulta Immigrati Verona, ha redatto un documento dove si analizza la tragica vicenda di Rosarno, il paese calabrese dove è scoppiata la rivolta dei lavoratori extracomunitari, e la paragona alla realtà veronese. «Il razzismo di Stato è diffuso nel nostro Paese, grazie ad una retorica politica della sicurezza che ha voluto le ronde sottraendo soldi alle spese sociali, alla scuola e alla cultura», si legge nel documento dove si critica l’atteggiamento del ministro Maroni durante la rivolta degli «schiavi di Rosarno».
Da qui parte il confronto con i lavoratori della Finservice, la cooperativa che ha lasciato senza stipendio un centinaio di lavoratori da oltre un anno. «Il lavoro nero, sfruttato estorto e non pagato non è solo della Calabria e la vicenda veronese lo ha dimostrato», spiega l’avvocato Roberto Malesani per Cittadinanza Globale. «Nelle campagne dell’est veronese abbiamo già denunciato situazioni di sfruttamento e di ricatto in tutto simili a quelle di Rosarno. I migranti vivono sulla propria pelle la gravità della crisi perdendo lavoro e casa. Per questo si apre la battaglia per il "right to stay", il diritto di essere riconosciuti in quanto i migranti producono ricchezza, valore e una cittadinanza nuova. Non serve il 30 per cento della Gelmini. I bambini figli di migranti parlano l’italiano da subito, spesso non conoscono la propria lingua d’origine. Per molto altro ancora crediamo che “Un giorno senza di noi” possa essere l’atto di ribellione della potenza degli sfruttati, dei migranti precari per l’inizio di una nuova cittadinanza».