Il Comitato spontaneo dei Lavoratori della Fondazione
Arena di Verona nasce il 1° Agosto 2008, come conseguenza dello
sciopero del 26 luglio, con il quale buona parte dei tecnici aveva
mostrato la propria indignazione per il licenziamento improvviso di
Aurelio Barbato, responsabile dei tecnici di palcoscenico (macchinisti
ed attrezzisti). In quell’occasione circa sessanta macchinisti avevano
interrotto il montaggio del Nabucco, in scena quella stessa sera, non
appena appresa la notizia del licenziamento del loro capo. Un
licenziamento voluto dalla dirigenza della Fondazione, e costruito con
motivazioni disciplinari tutte da verificare.
Allo sciopero, col passare delle ore e l’avvicinarsi
dello spettacolo, aderivano anche tecnici e impiegati di altri reparti
(attrezzisti, elettricisti, custodi), nonostante la dirigenza avesse
respinto lo sciopero come illegittimo, in quanto senza preavviso,
minacciando ritorsioni nei confronti degli scioperanti. Un
comportamento inaccettabile poiché per lo spettacolo non è previsto
alcun obbligo di preavviso (obbligatorio solo per i settori di pubblica
utilità, quali forze dell’ordine, trasporti, ospedali, scuole etc.), ed
il diritto di sciopero in Italia è tutelato dall’art. 40 della
Costituzione. L’unico dei quattro sindacati firmatari del contratto
nazionale (i cui rappresentanti sono i delegati RSU delle diverse
componenti del teatro) ad appoggiare lo sciopero è stata la SLC-CGIL,
spinta più dalla determinazione dei dimostranti che da una propria
convinzione, mentre UILCOM-UIL, FISTEL-CISL e FIALS-CISAL intimoriti
dall’atteggiamento dell’azienda, avevano consigliato ai lavoratori di
rientrare al lavoro.
Mentre gli scioperanti si organizzavano con volantini
in italiano ed inglese per informare il pubblico già in coda ai
cancelli dell’Arena (c’era il tutto esaurito, ovvero 15.000 presenze)
di quanto stava avvenendo, la Direzione Allestimenti decideva di
ricorrere all’aiuto della cooperativa di facchinaggio e dei tecnici
della manutenzione per continuare il montaggio dell’opera ed andare in
scena comunque, rendendosi responsabile di comportamento antisindacale
(art. 28 dello Statuto del Lavoro, che prevede la non sostituibilità
del lavoratore scioperante).
La sera del 26 luglio il Nabucco andava in scena
ugualmente, con la scenografia montata parzialmente, e nessun annuncio
ufficiale della Direzione di scena al pubblico, fatto che ha suscitato
la protesta del regista e scenografo dell’opera, Denis Krief.
Nei giorni immediatamente successivi allo sciopero, la
Direzione Allestimenti annunciava ufficiosamente che tutti gli aggiunti
(dipendenti stagionali) che avevano preso parte allo sciopero sarebbero
stati esclusi dalle graduatorie per l’anno successivo, mentre gli
stabili non avrebbero avuto conseguenze. Dinnanzi a quest’atteggiamento
illegittimo e intimidatorio dell’azienda i sindacati tacevano, SLC-CGIL
inclusa, lasciando scoperti i lavoratori che avevano legittimamente
manifestato. Per questo un nucleo di lavoratori di diversi settori del
teatro ha deciso di organizzarsi per dare vita ad un Comitato di
autotutela, senza sigle politiche e sindacali.
Dopo aver dichiarato la propria nascita alla stampa
cittadina (L’Arena, Il Verona, Il Corriere di Verona), il Comitato ha
indetto un primo incontro il giorno 3 agosto, invitando con il
passaparola e l’affissione di un volantino e un comunicato alle
bacheche aziendali tutti i lavoratori della Fondazione, dopo l’opera
sulle gradinate del Municipio di Verona, adiacente all’Arena. Con
grande sorpresa degli organizzatori del Comitato spontaneo, alla prima
riunione si registra un’affluenza di circa duecento persone di diversi
reparti (macchinisti, elettricisti, maschere, retropalco, comparse,
orchestra, sartoria, calzoleria, custodia). La gran parte dei presenti
non aveva neanche preso parte allo sciopero del 26 luglio. Dalla
riunione emerge il malcontento di tutti i lavoratori verso una
dirigenza che da vent’anni amministra la Fondazione, fino ad averla
portata ad un debito di venti milioni di euro. Nel corso delle
successive assemblee (5 – 7 – 10 agosto), il Comitato spontaneo ha
raccolto tutte le istanze presentate, e disegnato la propria linea,
attorno a due punti fondamentali:
1)Mantenimento degli organici
(blindatura delle graduatorie di tutti i settori e revisione accordo
per le comparse) 2)Rispetto delle regole (corretta gestione e dignità
del lavoro)
Sulla base di questi due punti l’assemblea ha votato un
documento presentato in data 11 agosto al Presidente della Fondazione
nel quale formalizza la propria esistenza, proclama lo stato di
agitazione e chiede un tavolo di trattativa.
Contemporaneamente
sono stati avviati un percorso culturale rispetto ai diritti sindacali
dei lavoratori (attraverso la consulenza dell’avvocato Roberto
Malesani), la stesura di un libro bianco che raccolga tutti gli sprechi
e le inadempienze degli ultimi vent’anni di gestione, la diffusione di
un appello rivolto al mondo della cultura per sensibilizzare sullo
stato della Fondazione e sul suo futuro. Il Comitato ha deciso inoltre
di studiare il misterioso piano di rilancio aziendale, scritto da uno
studio di commercialisti (Piano Industriale Ghinato), nel quale si
prevedono numerosi tagli in tutti i settori, l’esternalizzazione dei
servizi tecnici, la privatizzazione dei laboratori scenografici (i più
grandi d’Europa).
Noi, lavoratori dell’Arena di Verona, siamo convinti di
essere una risorsa, non un costo e chiediamo la solidarietà di tutti
per fare del teatro un posto migliore.
Appello per un teatro migliore
Crediamo in un teatro migliore!
Questo è un appello che rivolgiamo ad artisti ed
intellettuali e a tutti coloro che operano nel mondo della lirica e non
solo. Cerchiamo un appoggio e un sostegno contro chi, nel tempo, non ha
saputo gestire un teatro, nello specifico la Fondazione Arena, che
versa in condizione economiche gravissime e lanciamo un appello per
contrastare chi si è reso responsabile di un deficit culturale enorme.
Questo teatro non ha più un’identità, svilita negli anni da burocrati
senza nessuna sensibilità Artistica, capaci solo di minacciare e
svalutare i lavoratori in tutti i settori.
Noi siamo i lavoratori e siamo parte integrante del
teatro, perché la costruzione di uno spettacolo è una somma di mestieri
(ci piace usare questo termine) che si incrociano: maestri e professori
d’orchestra, macchinisti, danzatori, maestri del coro, tecnici luci,
figuranti e corifee, addetti all’amministrazione, sarte, scenografi,
falegnami, assistenti alla regia, attrezzisti, maestri collaboratori,
personale di sale e retropalco, porta strumenti; i nostri dirigenti
pensano che sia uguale avere un macchinista o un facchino, una comparsa
con sensibilità artistica ed esperienza o una bella statuina, un
regista capace o uno che sa solo correre, questa è una concezione
amatoriale e poco rispettosa del pubblico che fa perdere prestigio e
svilisce tutti dal tecnico sino al direttore d’orchestra e demotiva
chiunque.
Noi vogliamo tornare ad essere orgogliosi del nostro
lavoro; vogliamo i complimenti di chi viene a dirigere un’opera; non
vogliamo più assistere alle imbarazzanti produzioni del recente
passato; vogliamo che la critica e i giornali parlino dei nostri
spettacoli, ora siamo sistematicamente ignorati; vogliamo una direzione
che ci considera una risorsa e non un costo; vogliamo dirigenti
competenti e non esclusivamente autoritari.
Il compito di questa
realtà culturale, così famosa nel mondo, è produrre spettacoli degni
della notorietà internazionale. Pertanto chiediamo che questi
spettacoli siano di qualità con un tempo adeguato per le prove dei vari
settori, il ripristino delle generali (magari aperte al pubblico),
un’identità forte e un direttore artistico capace di un progetto
culturale e di (ri)portare la Fondazione Arena in giro per il mondo e
non solo nella provincia.
Siamo convinti che da queste decisioni si possa
risolvere la grave crisi attuale, generata non solo da sovrintendenti
che passano, ma soprattutto da questa classe dirigente stabile da
troppi anni. Un teatro aperto e funzionante, sia per la stagione estiva
che invernale, è una ricchezza per la città sia sotto il profilo
economico che culturale, nonché un doveroso rispetto per le aspettative
di qualità del pubblico pagante e per la tradizione popolare che ha
reso Verona nota in tutto il mondo.
Aiutateci con la vostra adesione a tornare grandi.
Il Comitato spontaneo dei Lavoratori dell’Arena di Verona