Cosa diventano i territori? E’ questa la domanda che dobbiamo porci
nel seguire storie come quelle di Bovolone. Sindaci leghisti che nulla
fanno per i propri cittadini – la vicenda della Finservice,
la cooperativa di lavoratori in subappalto per la Mondadori, è
emblematica da questo punto di vista – e che accettano senza colpo
ferire le logiche di occupazione di Roma e della politica nazionale.
Da
un lato, la lotta dei lavoratori per il sacrosanto diritto al reddito.
I lavoratori della Finservice ancora aspettano lo stipendio di mesi di
lavoro e sono stati lasciati soli, certo capaci di autorganizzarsi con
l’ADL e i precari, ma soli dalla politica ufficiale e dal sindaco di
Bovolone; del tutto incapace di farsi carico della mediazione del
conflitto sociale e delle tensioni nello spazio pubblico della sua
amministrazione.
Ce lo ha dimostrato ancora ieri nella vicenda del drammatico sfratto (uno dei tanti; nel 2008, solo a Verona ci sono stati più di uno sfratto al giorno)
di una famiglia di lavoratori marocchini, effettuato dopo una decina di
ore di trattative tra gli attivisti della Rete sociale per il diritto
alla casa che resistevano e gli ufficiali giudiziari. Poco sarebbe
bastato, per risolvere il problema, se la politica fosse politica e
capacità amministrativa del territorio.
Dall’altro, la supina, immediata accettazione della costruzione di un Cie
sul suolo comunale, a Bovolone, senza preoccuparsi di consultare i
cittadini, nonostante il progetto di Maroni e di Tosi sia stato tenuto
nascosto nel cassetto per almeno un anno, dato che il ministro sa cosa
un CIE comporti sul territorio, dopo la rivolta dei cittadini di
Lampedusa, se non bastano quelle dei migranti illegittimamente
trattenuti in condizioni bestali a via Corelli, a Gradisca, a Ponte
Galeria a Corso Bunelleschi.
I territori diventano ostaggi delle
politiche elettorali e merce di scambio nella retorica agostana. Poco
importa cosa essi siano cosa essi esprimano, tra locale e globale,
quali contraddizioni li attraversino, a chi si riempie la bocca
dell’autogoverno e cala le brache davanti all’interesse della politica
nazionale.
I territori sono altro.
Sono la forza di
autodeterminazione e il luogo di materializzazione della sfida tra
governanti e governati. Lo spazio di localizzazione del conflitto. La
posta in gioco di un confronto radicale tra chi li attraversa e li
costruisce come bene comune da difendere e chi li svende per
incapacità, pigrizia o opportunismo politico.
Anche a Bovolone, lo si dovrà imparare presto.