1 dicembre 07 – sicurezza dei diritti

Veronesi: alziamo la testa!
Per una Verona dell’accoglienza e della solidarietà

Sabato 1 dicembre 2007 – ore 15.00 – Piazza Brà, Verona


Le politiche per la sicurezza oggi sono usate per controllare, dividere e discriminare con il solo risultato di fomentare odio, intolleranza, xenofobia, razzismo e povertà sia materiale che culturale. L’unica sicurezza praticabile è quella della solidarietà e dell’accoglienza per garantire i diritti fondamentali di esistenza e dignità umana.

A Treviso, Cittadella, Verona e in altri Comuni comandati da sindaci “sceriffo” si moltiplicano le delibere discriminatorie verso i migranti e aumentano i controlli alle loro attività commerciali, nelle loro abitazioni, nei luoghi di aggregazione.A Verona i controlli sono indirizzati esclusivamente verso i cittadini migranti e hanno un sapore dichiaratamente razzista mentre si lasciano indisturbati i poteri forti, i palazzinari e gli speculatori che, con le ridefinizioni urbanistiche, fatte di colate di cemento, si intascheranno milioni di euro aumentando i disagi e peggiorando la qualità della vita dei veronesi.
Politici mediocri che inventano espedienti razzisti e pericolosi per negare la residenza agli stranieri, dietro il ricatto di dover dichiarare un reddito, una casa e un lavoro. Come se non avere un reddito e un lavoro fosse un reato e non invece un problema sociale a cui gli amministratori locali e nazionali dovrebbero rispondere con politiche serie che diano garanzie e dignità, invece di precarizzare le vite di migliaia di giovani.
Politiche razziste che nascondono egoismo ed insofferenza nei confronti dei poveri, di chi si trova in situazione di indigenza perché senza casa o lavoro…xenofobia istituzionale senza limiti che attua iniziative repressive – sgomberi di alloggi (spesso vuoti e abbandonati da anni come molti appartamenti Ater e Agec), multe per accattonaggio, allontanamenti coatti, criminalizzazione di giovani writers e dell’arte del graffito…
Le libertà individuali, i Diritti Umani, le conquiste sociali, l’autodeterminazione vengono vilipese da un regime poliziesco che non conosceva precedenti dal dopoguerra ad oggi.
C’è bisogno di risposte sul piano sociale, per pretendere che i diritti siano sicuri e uguali per tutti, per attivare politiche di solidarietà e accoglienza, per rispondere, in positivo, alle necessità che la società multiculturale esprime.
C’è bisogno di una sinistra che non rincorra le pulsioni razziste della Lega e della destra ma costruisca, sulla sicurezza e sulla solidarietà, un ragionamento proprio ed autorevole, tenendo puntata la bussola verso la solidarietà, i diritti e il rispetto della persona.
Rivolgiamo un appello ad associazioni e forze democratiche, che condividono i valori dell’iniziativa, per far prevalere i principi di solidarietà e accoglienza sulle politiche razziste della giunta Tosi che fomentano odio, discriminazioni e povertà.

Partecipa al sit-in di solidarietà con gli immigrati.
Per politiche di accoglienza e integrazione nei nostri comuni.
Sabato 1 dicembre 2007, ore 15.00 – Piazza Brà, Verona
L’indifferenza uccide

Alziamo la testa

Tornare a Genova. Per Carlo, per noi, per il nostro futuro

genova 2001

Perché un evento storico come la mobilitazione contro il G8 del 2001, di straordinaria potenza e di innovazione delle forme di partecipazione politica, non venga riscritto nelle aule di tribunale.

Per impedire che 25 persone a Genova e 13 a Cosenza paghino, con secoli di carcere e milioni di euro, la volontà di rivalsa sul fatto che 300.000 persone scesero in piazza nel 2001 contro i padroni del mondo.

Perché questi processi con imputazioni assurde e anacronistiche come il reato di "devastazione e saccheggio" e con le loro prossime sentenze, non diventino un’ipoteca sulla libertà di manifestare di tutti i movimenti.

Perché Genova, come nel 2001, si faccia portatrice di un mondo senza frontiere, contro ogni forma di razzismo, contro politiche securitarie ed espulsioni di massa che mettono a rischio le libertà di tutti.

Giovedì 15 novembre ore 14.30 sede centrale “Fracastoro”
Incontro con alcuni protagonisti delle giornate di Genova

Sabato 17 novembre 2007
Ritrovo Stazione P.ta Nuova ore 9.15

Collettivo Studentesco Verona

x info: versogenova@libero.it 

Tornare a Genova – Verso la manifestazione del 17 novembre 07

tornare a genova 17 nov - OP
Verso la manifestazione del 17 novembre: "Tornare a Genova"
per Carlo, per noi, per il nostro futuro
 
Venerdi 16/11 ore 21.00
Metropolis Cafè
, via Nicola Mazza 63/a, Verona
 
Presentazione di OP: l’ordine pubblico durante il G8
Con la partecipazione di Carlo del GENOA LEGAL FORUM ed alcuni imputati e protagonisti delle giornate contro il G8.
 
Il nuovo DVD curato dalla Segreteria del GLF sulla gestione dell’Ordine Pubblico durante il vertice G8 a Genova nella giornata del 20 luglio 2001.
 
Realizzato dalla segreteria Genoa Legal Forum, il video presenta la ricostruzione dei fatti di venerdì 20 luglio 2001 attraverso i documenti acquisiti al processo contro 25 manifestanti accusati di devastazione e saccheggio.
 
Attraverso video, foto, comunicazioni radio, telefonate 113 e la registrazione audio delle udienze, viene documentato come le FFOO abbiano gestito l’ordine pubblico nel pomeriggio di venerdì tra via Tolemaide e piazza Alimonda.
 
La disorganizzazione, la mancanza di coordinamento, l’interruzione dei contatti con gli organizzatori dei cortei, l’approccio militare ha trasformato le strade di Genova in un teatro di guerra.
 
Chi ha dunque messo in crisi l’ordine pubblico a Genova? 

Il nostro inferno al Bolzaneto

Fonte: L’Arena 

IL G8 DI GENOVA
Sono quattro i veronesi vittime dei fatti avvenuti nell’ormai lontano 2001
 

Di Giampaolo Chavan
Un inferno. Ore di panico tra uomini in divisa in balìa dei loro istinti violenti. E botte e insulti come se fosse la cosa più normale del mondo. Una versione terribile quella di alcuni dei 255 giovani, finiti alla caserma del Bolzaneto, diventato un carcere improvvisato durante l’incontro del G8 di Genova il 21 luglio del 2001. E tra loro anche quattro veronesi, tre dei quali si sono costituiti parti civile nel processo in corso a Genova contro 47 appartenenti alle forze dell’ordine. Tra loro Andrea Mancini, 27 anni, residente a Verona (di cui abbiamo già riferito in un articolo del 1. marzo 2006), la giovane R.S., 33 anni, residente a Caprino Veronese, E.T., 27 anni, attualmente all’estero e M.M., 31 anni, residente a Verona, l’unico che si è presentato in aula solo come parte offesa. Due di loro, non hanno alcuna voglia di parlare di quei fatti. Per loro parlano i verbali di udienza di alcune settimane fa (che pubblichiamo in parte qui accanto) nelle quali descrivono le violenze gli insulti e le umiliazioni subite. D’altro canto, anche le 117 pagine della richiesta di rinvio a giudizio per i fatti del Bolzaneto parlano già da sole. Un atto d’accusa durissimo, scritto grazie alle centinaia di testimonianze dei giovani caduti nella rete degli inquirenti. E anche l’altro procedimento in corso per la violenze commesse alla scuola Diaz, sempre a Genova durante il G8, prosegue il suo iter con 29 appartenenti alle forze dell’ordine per i quali è stato chiesto il rinvio a giudizio. Occorre poi ricordare anche che c’è anche un processo contro 25 manifestanti del G8 per il quale il pm ha già chiesto 224 anni complessivi di carcere. «I fatti del Bolzaneto» ha rivelato ieri il padre di una delle vittime veronesi, «hanno cambiato la vita a mio figlio». E le conseguenze di quelle violenze si sono fatte sentire per diverso tempo: «Dopo quei fatti», ha ricordato ieri R.S., «ho avuto gli incubi per diverse notti. Ma mi è servito perchè mi ha aperto gli occhi su molte cose». Tra queste anche quelle elencate in dettagliati documenti, sottoscritti dai pm della procura di Genova. Nel processo del Bolzaneto, le accuse a carico dei 47 uomini in divisa vanno dall’abuso in atti d’ufficio alla violenza privata, alle lesioni, al falso in atto pubblico, riferito ai verbali d’arresto dei manifestanti, costellati secondo la procura di Genova, da una serie di accuse fasulle. A parere del pm, i giovani arrestati al Bolzaneto «erano obbligati a mantenere per lungo tempo posizioni umilianti inumane e disagevoli, in piedi con le braccia alzate o dietro la schiena». Come se non bastasse, subivano offese e insulti di ogni tipo come «bastardi comunisti», «Che Guevara figlio di p…», «popolo di Seattle fate schifo». Sono stati costretti anche ad ascoltare filastrocche come «un, due tre viva Pinochet, quattro cinque, sei a morte gli ebrei». E poi c’erano «le percosse, minacce, sputi, risate di scherno, urla canzonatorie». Anche andare in bagno in quei due giorni di detenzione era una tortura: «Nell’accompagnamento venivano tenuti con la testa abbassata all’altezza delle ginocchia e le mani sulla testa e venivano derisi, ingiuriati e colpiti».

In cella, in piedi tra botte e insulti

«Mi ricordo di avere in qualche modo chiesto che rispettassero i miei diritti e mi è stato risposto che … non avevo diritti perchè ero una merda». La testimonianza del veronese E.T., durante il processo contro 47 appartenenti alle forze dell’ordine, apre il sipario su alcuni particolari verificatisi tra il 21 e il 23 luglio di sei anni fa a Genova. La vittima veronese era stato colpito alla scuola Diaz, secondo la richiesta di rinvio a giudizio del pm di Genova, «con un manganello e con una sedia scagliata allo zigomo sinistro». Ma era solo l’inizio. In cella al Bolzaneto, racconta il ventisettenne, «ci hanno fatto stare in piedi, con le gambe aperte e braccia contro il muro». Ma non mancavano anche le violenze: «Non ho subito percosse», riporta il verbale della testimonianza del giovane, «ricordo, però, di uno spagnolo che ha abbassato le braccia ed ha preso un calcio da un ufficiale, un uomo in divisa». Anche la veronese R.S. è stata costretta ad assistere ad un gesto violento: «In cella, avevano ordinato anche ad una ragazza con il braccio fasciato. ma non ce la faceva, l’ha abbassato e si è messa a piangere. È venuto uno e gli ha dato una sberla sulla faccia contro il muro». Sulla testa dietro? gli domanda il pm. L’ha colpita in modo tale che «il volto è andato a finire contro il muro». Gp.Ch.

Verona – Sanzionate agenzie immobiliari che discriminano i migranti

A Verona continua la lotta alla precarietà, dopo le manifestazioni e i blocchi metropolitani realizzati in molte città italiane per lo sciopero generale e generalizzato.
Dopo un lavoro d’inchiesta sulla discriminazione razziale all’accesso alle case da parte delle immobiliari ai danni dei migranti, è stata sanzionata un’agenzia immobiliare di Veronetta.
Migranti e precari hanno bloccato l’accesso e fatto ascoltare pubblicamente le registrazioni fatte alle agenzie che smascherano il razzismo diffuso tra proprietari di case e agenti immobiliari.

Il resoconto della giornata di Sandro, Coordinamento migranti Verona.

audio 

Verona – Pronto sei immigrato? Non ci sono case per te

Oggi, sabato 10 novembre 2007, a Verona continua la lotta alla precarietà, dopo le grandi manifestazioni e i blocchi metropolitani realizzati in molte città italiane per lo sciopero generale e generalizzato del 9 novembre. Dopo un lavoro d’inchiesta sulla discriminazione razziale all’accesso alle case da parte delle immobiliari ai danni dei migranti, è stata sanzionata un’agenzia immobiliare di Veronetta. Migranti e precari hanno bloccato l’accesso e fatto ascoltare pubblicamente le registrazioni fatte alle agenzie che smascherano il razzismo diffuso tra proprietari di case e agenti immobiliari.

Sappiamo per certo che cosa sicurezza non vuol dire. Diffidiamo della supponenza di chi da destra e da sinistra – imprenditori politici della paura; miseri burocrati delle passioni tristi e statisti di un decoro da amministratori di condominio – pretende di dirci che cosa essa significhi.

Sicurezza non vuol dire sicurezza di nessuno. Non di coloro che subiscono le truffe dei banchieri e dei finanzieri per i quali è stato fatto l’indulto. Non di quelli che patiscono gli effetti di una consapevole devastazione dell’ambiente. Non dei precari e dei lavoratori flessibili che certo non sono sicuri di diritti costantemente erosi da protocolli sul welfare redatti nel chiuso delle stanze delle segreterie di partito, sindacali dei pensionati e confindustria dei figli di.

Sicurezza dovrebbe voler dire reddito diritti e dignità per chi lavora e per chi produce valore nella fabbrica sociale diffusa. Studente, stagista, lavoratore intermittente o migrante che sia. Sicurezza dovrebbe voler dire possibilità di costruire il proprio futuro e garanzia che un futuro per tutti ci sia.

Sicurezza, ci dicono invece, significa rispetto della legalità. E per questo mobilitano – lo hanno fatto davvero – decine di poliziotti e carabinieri in assetto di guerra per difendere lo sfratto di una famiglia di migranti in contenzioso privato col proprio padrone di casa. Per questo hanno cacciato di casa i migranti che si erano conquistati un posto dove stare tra le case di edilizia popolare che l’ATER svende agli speculatori. Per questo perseguitano gli ambulanti, i lavavetri, i call center e le rivendite di Kebab e non i commercianti del centro che dichiarano al fisco meno delle loro commesse.

Sicurezza e legalità sono uno specchietto per le allodole ed un feticcio. Lo specchietto col quale catturare l’attenzione dei cittadini alla ricerca di un oggetto sul quale proiettare la catastrofe che tutti li investe – incertezza, povertà crescente, perdita dei diritti sono più tollerabili se sembrano riguardare solo un altro più povero e con meno diritti di noi -; ed il feticcio innanzi al quale recitare il mantra dell’esorcizzazione della propria impotenza: la città, a dispetto di chi pretende di rappresentarla e di controllarla, la disegnano le incomprimibili traiettorie di una libertà ingovernabile che ridescrive in continuazione il confine tra legale e illegale, tra insicurezza e sicurezza, tra isolamento e partecipazione.

Fa male doverlo ricordare ancora, ma se una donna nera, Rosa Parks, non avesse disobbedito, non troppi anni fa, a una legge infame, avremmo ancora la segregazione razziale negli Stati Uniti.

Ciò che è giusto è la dinamica che sfonda ed eccede l’ orizzonte ristretto della legalità e del diritto. E gli schemi formali della legge codificano solo i rapporti di forza che sono in grado, per un momento, di cristallizzare.

Ora: un’emergenza vera a Verona c’è. Come altrove. E riguarda la sicurezza dei diritti. Essa riguarda, prima di tutto la casa. E riguarda tutti, migranti, studenti, precari e e famiglie monoreddito, a dispetto del tentativo di governarla in termini coloniali. Per mezzo di gerarchizzazioni e di priorità etniche, ad esempio (oh la fantasia di una giunta il cui sindaco, campione di sicurezza e legalità, è un pregiudicato per razzismo…).

Essa riguarda la situazione di migliaia di migranti in attesa di veder rinnovato il permesso di soggiorno, di cui hanno il pieno diritto, già rapinati per il passaggio della procedura alla privata spa delle poste con la benedizione del centrosinistra e dei sindacati, i cui diritti sono sospesi in attesa di un rinnovo che ci metterà anni ad arrivare e che le questure non sono affatto in grado di garantire.

E poi ci parlano di legalità e di sicurezza…

L’ATER svende le case. Ci dicono per costruirne, in un futuro remotissimo altre. Nell’attesa fa sgomberare chi ha occupato le case sfitte, pagava un affitto e lavorava a quell’autorecupero cui l’ATER ha rinunciato per garantire non i propri inquilini, ma gli speculatori, piuttosto. L’AGEC, grazie al regolamento varato dalla nuova giunta, non assegnerà più case ai migranti. Nemmeno a quelli che erano in graduatoria, che ne avevano il diritto e i cui diritti noi tuteleremo legalmente in tutte le sedi. Compresa la corte di giustizia europea. Oggi dimostriamo, infine, che il fantasmatico rinvio dei lavoratori migranti al mercato privato degli affitti è illusorio e davvero cinico: "agli immigrati non affittiamo", ci dicono.

Che legalità e che sicurezza tutelano gli sgomberi? Quanto sono costati la mobilitazione dei mezzi dei carabinieri e della polizia, per garantire gli interessi di una proprietaria già condannata per gli affitti in nero che estorceva ai propri inquilini? Quanto costa affidare i casi di emergenza al pelosissimo privato-sociale cattolico, che sulla miseria ci lucra, piuttosto di agire gli strumenti legali che ci sono e che permettono di contenere l’emergenza abitativa?

I migranti le case sfitte le trovano e le occupano da sempre. Essi conquistano a morsi la loro libertà. Studenti e precari non sono sempre disposti a lavorare in nero e in nero a pagare affitti insostenibili. Solo la logica paranoica dei sindaci sceriffi può immaginare di nascondere sotto i ponti, di notte, con un gioco di prestigio senza rete, i lavoratori precari e migranti di cui hanno bisogno di giorno e senza i quali la città non esiste.

Una recente sentenza della Cassazione lo ha stabilito. Ciò che è giusto ha la precedenza sulla vuota forma di legge. Occupare è giusto, quando altra risorsa non c’è.

Amministratori meno ciechi, lo hanno già fatto. E’ possibile requisire le case che le agenzie territoriali svendono, se si tratta di dare soddisfazione a un bisogno primario di uomini e di donne che non possono permettersi un accesso al mercato.

Cifre imponenti destinate all’edilizia popolare sono scomparse, nella fumosa gestione dell’ATER. E altre le seguono, pur di non avviare un confronto con le esperienze di occupazione, autogestione e autorecupero nate dall’autonomia di movimenti che sfidano i meccanismi della rappresentanza politica e sindacale.

Dobbiamo riprenderci gli spazi. Imporre una nuova soglia di confronto al governo delle città. E’ la nostra insorgenza a riaprire costantemente i perimetri della legalità. E siamo noi a dire che vogliamo sicurezza: sicurezza di un futuro come possibilità aperta a tutti alle stesse condizioni per tutti.

Inchiesta a cura di:
ADL/Coordinamento migranti (rete IWW) – Collettivo Metropolis

Azione di sanzionamento:
Patto contro la precarietà

Ascolta le telefonate alle agenzie immobiliari:

agenzia cangrande
agenzia arena
agenzia caesar
agenzia tecnocasa b.go trento