Cambiare il mondo è un’eresia

meeting no logo

Vi sono momenti nel corso della storia in cui la sostanza di
cui si è fatti, soggettivamente e collettivamente, viene prepotentemente
interrogata. Qual è la ragione che ci spinge a credere che un cambiamento del
mondo, in meglio per come lo intendiamo noi, sia possibile?
Che cosa ci porta a pensare che un desiderio, un sogno, o una necessità
concreta, possa propagarsi e diventare sentimento comune di una moltitudine, e
da questo, ribellione e rivoluzione, potenza costituente di un nuovo modo di
vivere? Non dare importanza a queste domande, liquidandole come banali, o
inutili, è la cosa più sbagliata che si possa fare.

Al contrario, è in momenti
come questi, in cui sembra che non ci sia limite al degrado della politica, in
cui il caos a cui siamo sottoposti come condizione propria di una crisi del
capitalismo, profonda fin nelle sue strutture portanti, ma che non produce il
suo crollo e che trasforma la catastrofe del sistema in qualcosa di sempre imminente
e mai compiuto, che la sostanza di cui siamo fatti è importante. Un’etica della
rivoluzione, per quanto ci riguarda, è sempre esistita, e ha impedito a tanti
prima di noi e a noi oggi, di essere parte, consapevole o meno,
dell’imbarbarimento invece che della trasformazione. O al più di diventare un
fenomeno folkloristico, ininfluente ed arrogante allo stesso tempo, rinchiuso
su sé stesso. Volendo parafrasare una celebre frase del subcomandante Marcos,
questo è il tempo dell’ “interrogarsi camminando”. L’etica di cui parliamo, e
che ci fa procedere sicuri pur nelle sperimentazioni, nei tentativi, “nel fare
ciò che non abbiamo mai fatto”, è fatta innanzitutto di umiltà. Siamo
consapevoli che sia il capitalismo, sia la rivoluzione, possono fare a meno di
noi.

Noi invece non possiamo fare a meno della forza di
quell’eresia che ci muove da generazioni. Non a caso l’etimo della parola
“eresia” significa “fare la propria scelta”. Eresia
appunto, come scelta, senso, stile di vita. Credere di poter cambiare il mondo
dunque è un’eresia. Essa ha il carattere della sfida impossibile, di pensiero
blasfemo e proibito che in ogni tempo ha attraversato la mente degli esseri
umani. Non vi è nulla di matematico, di ortodosso e scientifico in tutto
questo. Possiamo certo servirci di dati e previsioni, possiamo osservare
l’oggettiva situazione e trarne le valutazioni, ma questo solo come conseguenza
del nostro essere parte di un’eresia. Che va continuamente alimentata,
riprodotta, attualizzata. Trasformata in qualcosa di maledettamente concreto.

Siamo convinti, e questa è la risposta che diamo al primo
interrogativo, che oggi vi sia la necessità di ripensare all’eresia della
trasformazione dello stato di cose presenti, per poterla riproporre a
moltitudini e non solo a qualche adepto. Per pensare a grandi movimenti di
lotta, e non a piccole sette di ceto politico. Solo questo, la diffusione e
l’allargamento di pensiero e pratiche altre di vita, cambia, ogni giorno, il
mondo.

La nostra storia di eretici è fatta, innanzitutto, di
pensiero. Vi sono altre esperienze da sempre fondate sulla pratica del fare, a
volte anche ostili all’uso dell’intelletto. Le riteniamo legittime, ma
assolutamente inadeguate. Per capire il mondo che ci circonda, anche quello
sotto casa, dobbiamo poterlo comprendere nella sua interezza, globalità.
Dobbiamo indagare i tratti della crisi mondiale non perché ci appassionino le
discussioni accademiche, ma proprio per poter interpretare e scorgere la
possibilità del cambiamento anche quando tutto è caotico e contradditorio. Per
capire come muoverci quotidianamente abbiamo la necessità di un pensiero
all’altezza della sfida e delle nostre aspirazioni.

E qui viene la risposta al secondo interrogativo: possiamo
pensare che il desiderio e la necessità di cambiare si propaghi, assuma un
carattere virale e inarrestabile, perché quando le idee diventano forza, quando
sono in grado di convincere e non solo di affermare, allora e solo allora le
pratiche del fare politica, divengono motore di trasformazione per la società,
e non esercizio terapico esistenziale per chi, forse, non saprebbe fare altro
nella vita. Quando si passa dal ritualismo alla passione, dalla testimonianza
al progetto, allora, noi crediamo, si è sulla strada giusta. E’ un discorso
questo da fare con tutta delicatezza e nessuna esagerazione. Vi sono tempi
storici in cui anche il resistere aggrappati alle proprie convinzioni ha la sua
importanza. Ma per come siamo fatti, questo, alla lunga, non ci può bastare.

Crediamo che sia giunto il momento, per poter continuare, di
costruire insieme a tanti e diversi nuove strade e nuovi orizzonti. Come si può
capire, il concetto di “nuovo” non è per nulla legato all’ansia di apparire ciò
che non siamo. Il nuovo per noi si determina come discontinuità per continuare.
E’ accaduto in tante epoche e dopo la conclusione di tanti cicli di movimento
che abbiamo avuto la fortuna di attraversare e condividere: la nostra eresia, e
l’etica di cui parliamo, ci consente di poter sempre cambiare come cambia il
mondo attorno a noi, rimanendo allo stesso tempo noi stessi. Questa è la cosa
che più gelosamente cerchiamo di custodire e tramandare.

E’ ora che il pensiero del cambiamento, di rivoluzione,
torni a parlare alle moltitudini. Esca dalla prigione della vocazione minoritaria
e torni ad affermarsi, a maggior ragione in tempi come questi, come ipotesi
plausibile, concreta, con piena cittadinanza nello spazio del pubblico
dibattito.

Nutriamo il profondo desiderio, in ultima istanza, che le
nostre idee, che un pensiero critico ed eretico, tornino a circolare con forza
nella società contemporanea e che le pratiche ad esso conseguenti, si
diffondano, disegnando una progettualità molteplice ma comune di un largo,
larghissimo costituirsi di un altro possibile da ciò che ci circonda.

Questo è il senso dell’incontrarci insieme, e del proporre a
tutti, tanti e diversi, una due giorni come quella dello spazio nologo. Un
seminario collettivo e una assemblea di movimento allo stesso tempo, un luogo
di elaborazione ma anche di relazione e scambio, in cui alcune suggestioni di
pensiero importanti e spunti di analisi su ciò che accade, dalla crisi alla
finanza, aprano la strada ad un confronto e ad una discussione che  possa essere utile, ad ognuno di noi, per
interpretare ciò che abbiamo appena conosciuto e quello che insieme potremmo
sperimentare e scoprire.

Proponiamo per Sabato 3 e Domenica 4 ottobre, negli spazi
del Rivolta di Marghera (Venezia) il “meeting nologo”:

Sabato 3 ottobre

ore 14.00

Inizio dei lavori

Introduzione e relazioni di Toni Negri sugli scenari globali
del dominio capitalistico e sulla ricerca della costruzione del comune, ad un
anno dall’esplosione della crisi, attraverso l’anticipazione dei temi di Common-wealth (il nuovo libro scritto
con Michael Hardt dopo Impero e Moltitudine, appena pubblicato negli
Stati Uniti e in uscita in Italia la prossima primavera), e Christian Marazzi
sulle risposte alla crisi, con le trasformazioni che hanno investito il sistema
finanziario globale e le loro conseguenze sociali, attraverso la proposta dei
temi contenuti nel suo ultimo libro "La
finanza bruciata"
.

A seguire discussione delle relazioni.

ore 22.00

Bentornati 99 Posse!

concerto

Domenica 4 ottobre

ore 10.00

La precarietà

Ad ognuno il suo ruolo: noi non siamo un sindacato

Assemblea aperta sugli effetti prodotti dalla crisi sulla
composizione sociale e sulle mobilitazioni di autunno, da Roma a Copenaghen.

La mattina del sabato è a disposizione sia per l’accoglienza
dei partecipanti, sia per eventuali incontri di reti, progetti, presentazioni
di proposte di iniziative. Anche dopo il termine dei lavori, sempre il sabato,
si potranno usufruire di spazi per questo scopo. Preghiamo le realtà che
propongono momenti di questo tipo di informare per tempo la segreteria organizzativa
tramite mail nologo@globalproject.info

Gli spazi del meeting sono inoltre a disposizione per
mostre, esposizioni, infoshop.

Sarà cura di GlobalProject, che parteciperà all’evento
rendendolo fruibile in supporti audio, text, video, l’allestimento inoltre di
punti di proiezione video e di un mediacenter utilizzabile dai partecipanti e
dai media che ne faranno richiesta.